Il 2 luglio 2021 le Caritas che sono in Italia celebreranno il loro cinquantesimo anniversario. Infatti, è con il decreto n. 1727/71 del 2 luglio 1971 che la Conferenza Episcopale Italiana approvò il primo statuto della Caritas Italiana, quale organismo pastorale costituito “al fine di promuovere, anche in collaborazione con altri organismi, la testimonianza della carità della comunità ecclesiale italiana, in forme consone ai tempi e ai bisogni, in vista dello sviluppo integrale dell’uomo, della giustizia sociale e della pace, con particolare attenzione agli ultimi e con prevalente funzione pedagogica” (articolo 1).
La nascita della Caritas in Italia avvenne dopo che, un anno prima, San Paolo VI sciolse la Pontificia Opera Assistenza (POA), a suo tempo istituita da Papa Pio XII (il 15 giugno 1953) per favorire gli interventi umanitari della Santa Sede. La Caritas, raccogliendone il testimone, fu promossa sulla spinta del Concilio Vaticano II e con il precipuo compito di animare tutta la comunità a una testimonianza della carità, con una prevalente prospettiva di tipo educativo. In questi cinquant’anni non sono certo mancati gli interventi concreti di tipo assistenziale (in Italia come all’estero) ma è altrettanto vero che non è venuto meno, anzi è cresciuto progressivamente, l’impegno della Caritas nei confronti della promozione della carità a livello comunitario, con un’azione incisiva nel coinvolgere la società civile e le istituzioni, anche attraverso l’osservazione rigorosa delle cause della povertà e nella definizione di precise linee di azione in ambito legislativo.
L’ampio cammino percorso dalla Caritas in Italia abbraccia naturalmente il percorso specifico delle Caritas in Sardegna, in una regione in cui non è mai mancata la testimonianza ecclesiale della carità, come ricordano gli stessi Atti del Concilio plenario sardo: “in Sardegna, lungo i secoli, la Chiesa ha espresso mirabili esempi di uomini e donne che hanno manifestato il volto amoroso di Dio attraverso opere di servizio ai poveri. In particolare gli ultimi due secoli hanno visto sorgere nell’Isola diverse di queste opere, specialmente per iniziativa di fondatori e fondatrici di istituti religiosi, che hanno tessuto una rete di servizi, i quali, ancora oggi, offrono risposte significative ai molteplici bisogni della popolazione e danno testimonianza dell’amore preferenziale di Dio per i poveri” (cfr. CES, La Chiesa di Dio in Sardegna all’inizio del terzo millennio. Atti del Concilio Plenario Sardo, 2000-2001).
Tratteggiare i cinquant’anni dell’esperienza delle Caritas in Sardegna, anche per sommi capi, significa inevitabilmente intercettare le diverse tappe del cammino ecclesiale di quel periodo. Nelle comunità ecclesiali della Sardegna, come peraltro nel resto delle diocesi italiane, negli anni Settanta lo sforzo che si fece fu anzitutto quello di una progressiva conversione da una prassi di tipo squisitamente assistenziale (potremmo dire di prossimità nell’emergenza) ad un modello di tipo prevalentemente promozionale (ancor meglio di promozione umana integrale), con un’attenzione sempre più crescente nei confronti della “prevalente funzione pedagogica”, finalizzata ad animare tutta la comunità (e non solo parti di essa) in ordine alla testimonianza della carità.
Nascono sotto questo impulso, anche nelle diocesi sarde, le Caritas diocesane presiedute dai rispettivi vescovi e la cui direzione viene affidata anzitutto a sacerdoti che, per ovvie ragioni, avevano in precedenza diretto e seguito in prima persona il servizio presso le Opere di assistenza diocesane. A loro si devono i primi passi nella transizione alla nuova proposta pastorale della carità, dopo lo scioglimento della POA. Furono loro a promuovere le prime azioni che hanno visto alcune raccolte in denaro e in beni, soprattutto in occasione di alcune calamità, fra cui il terremoto in Campania, e il coinvolgimento di giovani volontari in azioni concrete legate alle stesse emergenze. Si tratta di premesse importanti che favoriranno la nascita e la crescita di un volontariato ecclesiale maturo e consapevole, che si arricchirà negli anni successivi della significativa esperienza dei primi obiettori di coscienza in servizio civile sostitutivo a quello militare.
Anche a livello regionale nascono così i primi coordinamenti e si gettano le basi per un lavoro che, assunto istituzionalmente dalla Delegazione regionale Caritas, permetterà di affiancare sul versante della carità il servizio della Conferenza Episcopale Sarda.
Di pari passo con le sfide assunte a livello generale, la Caritas anche in Sardegna si pone in sintonia con l’evoluzione culturale e normativa dell’Isola. In questo senso si spiega il contributo dato nella interlocuzione all’interno della Chiesa, della società e nel dialogo con le istituzioni politiche. In questa prospettiva si pone il costante contributo dato anche in seno all’elaborazione culturale che ha condotto alla produzione di nuove norme sul contrasto delle povertà. Una realtà, dunque, che è cresciuta nel tempo e i cui tratti identitari, oltre a quanto previsto nello stesso statuto della Caritas Italiana (all’ art. 21), sono ampiamente delineati nel già citato – e forse non ancora del tutto valorizzato – Concilio Plenario Sardo degli anni Novanta. Una realtà di Chiesa capace di esprimere una misericordia nei confronti delle tante storie di fragilità umana mai disgiunta dall’anelito verso la giustizia sociale.