Valorizzando la base dei dati del sistema europeo di informazione degli incendi boschivi (EFFIS), il 18 marzo scorso la Commissione Europea, attraverso il Joint Research Centre, ha pubblicato il “Rapporto di avanzamento sugli incendi boschivi in Europa, Medio Oriente e Nord Africa 2021”.
Dai dati di tale Rapporto, attraverso cui sono stati mappati ben 7.318 incendi in una quarantina di Paesi nel corso del 2021, nella sola Unione Europea sono andati in fumo oltre 500.000 ettari di vegetazione. Si tratta del secondo peggior dato mai registrato a livello continentale e a risentirne è stata soprattutto l’area mediterranea. Soltanto nel 2017, infatti, si erano registrati dati così rilevanti nell’Unione Europea, quando bruciò oltre 1 milione di ettari. Ad esser più colpita dagli incendi boschivi nel corso del 2021 è stata la Turchia, con oltre 206.000 ettari bruciati. A seguire l’Italia, con 159.537 ettari bruciati e il dato record di 1.422 incendi mappati dal sistema EFFIS (quasi quattro volte la media degli ultimi 13 anni).
Tra questi circa 160.000 ettari di vegetazione italiana andata in fumo ci sono anche quelli dei boschi del Montiferru, in Sardegna. Immagine simbolo di quella terribile devastazione che ha distrutto bestiame, foraggio, alberi e che per fortuna non ha provocato morti è l’olivastro millenario de Sa Tanca Manna, divorato dalle fiamme in quel terribile rogo del 2021 ma che notizie recenti rilevano sia ancora vivo: una sorta di icona naturalistica della costante resistenziale dei sardi. I danni economici patiti dalle imprese del Montiferru e della Planargia sono stanti ingenti, considerando nel complesso più di 1.300 aziende e quasi 1.800 addetti che hanno subito le conseguenze degli incendi.
Negli anni è dunque aumentata la superficie boschiva coinvolta negli incendi della regione mediterranea. Ciononostante, se si analizza nel dettaglio il dato complessivo del numero degli incendi nella riva Nord del Mediterraneo emerge una sostanziale diminuzione. In altre parole, ci troviamo di fronte a incendi meno frequenti ma decisamente più devastanti: i cosiddetti “mega-incendi”, ovverosia quelli che coprono una superficie superiore ai 1.000 ettari. A questo proposito, il citato Rapporto della Commissione Europea rileva come tale fenomeno sia strettamente connesso a un insieme combinato di fattori: i cambiamenti climatici in corso (con l’innalzamento delle temperature che rendono favorevoli gli incendi), l’incuria nella gestione delle aree boschive e l’aumento della superficie boschiva determinata in gran parte dallo spopolamento delle aree rurali. Osservando sovrapposte le mappe satellitari degli incendi boschivi proposte dal sistema EFFIS con quelle delle aree spopolate delle aree interne del Mediterraneo ci si accorge che, in molti casi, vi è una sostanziale corrispondenza; quasi a confermare la stretta relazione tra l’incremento dei mega-incendi e l’abbandono delle aree rurali, che sempre più stanno sperimentando un allontanamento dalle attività produttive connesse a quelle zone, quali l’agricoltura e la pastorizia. In Italia, ad esempio, sono più di 3.800 i comuni che hanno perso mediamente il 22% dei propri abitanti (di cui il 44% nel Mezzogiorno e nelle isole). Il solo comune di Cuglieri, particolarmente coinvolto nell’incendio dello scorso anno, nel decennio 2010-2020 è passato da circa 2.900 abitanti a meno di 2.500.
Dall’esperienza pratica di questi ultimi lustri e dalle stesse informazioni scientifiche offerte dal Rapporto della Commissione Europea risulta chiaro come il prendersi cura delle aree boschive e attuare delle politiche di contrasto allo spopolamento siano due facce della stessa medaglia. Gli incendi del 2021 e quanto sta avvenendo in quest’estate del 2022 confermano questo dato di realtà ambientale e sociale come una vera e propria urgenza.
Raffaele Callia