A leggere i dati dell’ultimo Rapporto Oxfam Italia (pubblicato a gennaio di quest’anno), dal titolo La pandemia della disuguaglianza, sembrerebbe che il Covid abbia moltiplicato la sperequazione a livello globale. Nel corso degli ultimi due anni, infatti, i 10 uomini più ricchi del pianeta hanno più che raddoppiato i propri patrimoni (passati da 700 a 1.500 miliardi di dollari); nello stesso periodo, invece, 163 milioni di persone sono divenute povere a causa della pandemia. Si pensi che il fondatore e presidente di Amazon – la cui ricchezza è cresciuta oltre ogni misura proprio durante la pandemia –, in questi due anni ha guadagnato più di 81 miliardi di dollari: una cifra corrispondente al costo completo stimato della vaccinazione (con tre dosi) per l’intera popolazione mondiale. In quest’oceano di sperequazione i 10 super-ricchi del pianeta detengono una ricchezza sei volte superiore al patrimonio del 40% più povero della popolazione mondiale, costituito da oltre 3 miliardi di persone.
Le disuguaglianze, dunque, hanno continuato a crescere allargando il divario preesistente tra Nord e Sud del pianeta. Non solo: le disuguaglianze sono molto cresciute anche nelle democrazie avanzate, soprattutto a partire dagli anni Ottanta del Novecento. La globalizzazione economica e l’innovazione tecnologica da un lato; un certo tipo di relazioni industriali e le politiche di contenimento delle risorse spese per il welfare dall’altro lato, hanno senza dubbio accelerato tale processo. Peraltro, le conseguenze della pandemia e l’invasione dell’Ucraina a fine febbraio 2022 hanno contribuito ad aggravare il quadro generale.
La disuguaglianza continua a costituire una sorta di ferita aperta anche in Italia, con la persistenza di un’ampia disparità fra i troppo ricchi e i troppo poveri: una disuguaglianza cristallizzatasi nel corso degli anni e in grado di determinare una sostanziale immobilità sociale ed economica, con un conseguente divario nella distribuzione del reddito che colpisce maggiormente le fasce più deboli. Tutto ciò si è tradotto in una condizione di sostanziale ingiustizia, la cui percezione di ineluttabilità è all’origine dei sentimenti di rabbia e di rancore sociale sviluppatisi in questi ultimi anni.
Stando alle stime elaborate recentemente da “Sbilanciamoci”, un think tank cui fanno riferimento diverse organizzazioni, si calcola che i 2.000 italiani più ricchi del Paese detengano una ricchezza superiore a quella dei 25.000.000 italiani più poveri: una sola di queste persone più ricche detiene il patrimonio di 15.000 poveri. Attraverso diverse fonti, fra cui il Global Wealth Report dell’Istituto di ricerca “Credit Suisse” (Global Wealth Report 2022. Leading perspectives to navigate the future), si arriva a stimare che i più ricchi detengano un quarto della ricchezza totale del Paese, mentre una trentina di anni fa ne detenevano “soltanto” il 17,0%. Lo 0,01% più ricco d’Italia (pari a 5.000 persone) avrebbe nelle proprie mani il 7,0% della ricchezza nazionale e un patrimonio medio di 128 milioni di euro.
Il tema delle disuguaglianze è sempre più al centro del dibattito pubblico e della riflessione scientifica, non solo sul versante della letteratura specialistica internazionale ma anche in ambito italiano, divenendo oggetto di confronto ampio e dialettico per molti studiosi, i quali hanno prodotto analisi e ricerche di particolare rilievo anche in questi ultimi anni.
Come ha scritto Papa Francesco nel suo messaggio in occasione della VI Giornata mondiale dei poveri, la povertà che uccide «è la miseria, figlia dell’ingiustizia, dello sfruttamento, della violenza e della distribuzione ingiusta delle risorse. È la povertà disperata, priva di futuro, perché imposta dalla cultura dello scarto che non concede prospettive né vie d’uscita. È la miseria che, mentre costringe nella condizione di indigenza estrema, intacca anche la dimensione spirituale, che, anche se spesso è trascurata, non per questo non esiste o non conta». La questione decisiva rimane dunque quella riguardante la giustizia sociale, la quale rende quanto mai urgente e inderogabile la lotta alle disuguaglianze.
Raffaele Callia