L’Italia continua ad essere il Paese delle eterne emergenze, degli imprevisti sovente prevedibili e dei rischi naturali troppo spesso associati ad irresponsabili politiche urbanistiche, accompagnate dall’immancabile abusivismo edilizio. Il copione si ripete di tragedia in tragedia, mettendo a nudo la fragilità del nostro paesaggio e svelando l’ipocrisia di una retorica che piange i morti e i feriti ma che non è in grado di governare responsabilmente un territorio. Un’Italia devastata dall’incuria, deturpata dall’ingordigia della speculazione edilizia, abbandonata all’indifferenza generale, almeno fino alla prossima tragedia.
A Casamicciola Terme, nell’isola di Ischia, le piogge torrenziali hanno innescato una gigantesca frana che ha travolto cose e persone, giungendo fino al mare. Una tragedia che ha prodotto distruzione e morte, in un territorio già segnato gravemente dai ritardi nella ricostruzione del dopo terremoto del 2017, a causa del quale ci furono due vittime e oltre 3.000 sfollati, alcuni dei quali vivono ancora in condizioni di precarietà abitativa.
Negli stessi giorni in cui risuonava ancora l’eco trionfalistica per la capacità delle barriere del Mose di evitare che Venezia venisse sommersa dall’alta marea, a Casamicciola si è ripetuto un disastro di natura eccezionale inserito in un quadro di ordinaria incuria ambientale. La narrazione giornalistica ha insistito molto sulla catastrofe locale in termini di eccezionalità degli eventi atmosferici, richiamando in termini generici alla responsabilità in ordine a una cattiva pianificazione strategica del territorio, frutto di scelte dettate da convenienze contingenti più che da una visione lungimirante.
Sabato 3 dicembre, il presidente e il segretario generale della CEI hanno espresso la solidarietà della Chiesa italiana al vescovo della diocesi di Ischia, mons. Gennaro Pascarella, unendosi alla preghiera per le vittime e per i loro familiari. Da un comunicato della Caritas Italiana si apprende che la rete Caritas si è attivata da subito per offrire sostegno morale e psicologico alle famiglie sfollate, con una attenzione particolare nei confronti dei più piccoli e dei più vulnerabili, in attesa dell’operatività del piano della Protezione civile. Il primo punto di riferimento per l’accoglienza degli sfollati è attualmente il Centro “Giovanni Paolo II”, attraverso cui le persone vengono poi indirizzate agli alberghi del territorio che hanno dato disponibilità.
Proprio il vescovo di Ischia, in un messaggio pubblicato in occasione dell’evento drammatico del 26 novembre, ha fatto appello al dovere di fermarsi, dopo la tempesta del dolore, e riflettere con franchezza sulle cause umane del disastro: «Abbiamo fatto tutta la nostra parte – chiede mons. Pascarella –, perché questo evento non fosse un disastro annunciato? Ora è tempo della vicinanza, del prendersi cura, della condivisione, della prossimità. Ci sono persone ferite e sfollate, c’è chi si è visto risucchiare i suoi cari dalla furia delle acque e del fango. Essi vogliono sentire la nostra vicinanza, fatta non tanto di parole, ma di gesti concreti». Ciononostante, afferma mons. Pascarella, «davanti ai nostri occhi ci sono immagini, che abbiamo visto, anche se in modo meno drammatico, altre volte e che mai avremmo voluto rivedere!».
Difficile, in queste ore, parlare di cura del territorio e prevenzione. Tuttavia, la necessaria solidarietà che arriva da tante parti d’Italia non deve far dimenticare l’appello alla responsabilità che giunge da Casamicciola e da tante altre parti di un’Italia troppo spesso ferita dalle mani dell’uomo.
Raffaele Callia