A Salerno, in occasione del 43° Convegno nazionale delle Caritas diocesane, tenutosi dal 17 al 20 aprile, era presente anche una piccola delegazione della Caritas di diocesana di Iglesias, rappresentata dal direttore e da due collaboratori.
Nel complesso ha preso parte una porzione significativa delle diocesi sarde, 7 su dieci, con una ventina di partecipanti tra direttori e collaboratori. Un dato importante per segnalare l’attenzione delle Caritas sarde riguardo alla proposta che Caritas Italiana sta portando avanti nel più ampio scenario di una Chiesa impegnata nel cammino sinodale.
Una proposta che sappia guardare con maggiore attenzione alle povertà e soprattutto alle persone più fragili, raccogliendo l’invito di Papa Francesco ad essere sempre più protagonisti con i poveri e non solo per i poveri; trasformando tutte le attenzioni di carità quotidiane nei nostri territori in azioni di tipo politico nel senso più alto e nobile del termine, ovverosia quella carità che diventa capace di costruire giustizia sociale, alcune volte anche attraverso opere di denuncia che sono di per sé – come è stato ricordato più volte durante il convegno – un annuncio di salvezza.
A conclusione del 43° Convegno nazionale delle Caritas diocesane, questi gli orientamenti sintetici emersi per un cammino comune:
- Prendersi cura. La Chiesa come comunità sanante, con le sue sfide e le sue resistenze; uscendo dall’individualismo e riconoscendo le fragilità esistenti. Come fare? Attraverso una fitta rete e una co-progettazione lungimirante;
- L’educazione, come realtà dinamica. Rilevando i bisogni educativi del territorio, in ascolto delle dinamiche intergenerazionali. Come fare? Promuovendo e consolidando collaborazioni istituzionali, sostenendo le necessarie azioni di coinvolgimento nelle prassi educative;
- Giovani capaci di sognare. Attraverso un proficuo scambio intergenerazionale; abitando i “luoghi” quotidiani dei giovani e invitandoli ad osare. Come fare? Rinforzando il ruolo pedagogico della Caritas, per valorizzare la persona in modo integrale. Dare ai giovani il loro presente affinché il futuro sia reale (nella politica, nella società, nell’economia, nella cultura, nella Chiesa);
- Solidarietà e globalizzazione. Promuovere una solidarietà globalizzata, cambiando lo sguardo e uscendo dalla logica dell’assistenzialismo: pro-vocare azioni, riconoscere i sogni dei popoli. Come fare? Elaborando obiettivi comuni per il cambiamento dello sguardo sulla realtà (attraverso la formazione).
- Costruire insieme il futuro. La mobilità umana, l’immigrazione, da considerare come un dato di fatto strutturale, non un’emergenza contingente o un problema da risolvere. Come fare? Lavorare alla costruzione di reti umane sinergiche per formare ad una nuova consapevolezza, oltre l’emergenza; passando dai singoli progetti episodici a processi condivisi e duraturi.
Si leggono in filigrana, fra gli orientamenti emersi durante il Convegno, le parole chiave che da tempo – si potrebbe dire dalla genesi stessa della Caritas in Italia – accompagnano l’esperienza quotidiana di chi opera nell’ambito ecclesiale della testimonianza della carità: l’accoglienza, l’ascolto, l’accompagnamento.
Caritas diocesana