Venerdì 10 novembre, in previsione della VII Giornata mondiale dei poveri (che si è celebrata domenica 19), la Delegazione regionale Caritas della Sardegna ha presentato due Rapporti nella Sala conferenze de “L’Unione Sarda”. Si tratta del XVIII Report regionale su povertà ed esclusione sociale 2023 e del VII Rapporto annuale 2023 “Lavoro, indice di dignità”. Contro la povertà lavorativa: progetti, persone ed esperienze.
Dal Report su povertà ed esclusione sociale emerge che se in Italia nel 2022 l’incidenza della povertà assoluta è aumentata la povertà relativa, invece, è rimasta sostanzialmente stabile, passando dall’11,0% del 2021 al 10,9% dell’anno seguente. La Sardegna, col 15,3%, si colloca
al 7° posto in senso decrescente fra le regioni italiane con la più alta incidenza di povertà relativa, dopo la Calabria (31,6%), la Campania (22,1%), la Puglia (21,0%), la Basilicata (19,1%), la Sicilia (18,8%) e il Molise (18,4%). I nuovi indicatori, frutto della revisione metodologica apportata dall’Istat, pongono in rilievo una diminuzione dell’incidenza della povertà relativa tra il 2021 e il 2022 di 0,4 punti percentuali. Attraverso le fonti Istat è possibile affermare che nel 2022, con
un’incidenza del 15,3%, si trovavano in condizioni di povertà relativa circa 113.000 famiglie sarde (oltre 116.000 nel 2021).
Il migliorato scenario economico del periodo post-pandemico ha fatto in modo che i redditi e i consumi delle famiglie sarde (in particolare di beni durevoli e di servizi) abbiano continuato a crescere anche nel 2022, seppure con un’intensità più contenuta rispetto a un anno prima. Ciononostante, il PIL perso in Sardegna durante la pandemia non sarebbe stato ancora del tutto recuperato. Anche in Sardegna si è registrato un marcato incremento dei prezzi al consumo. Se è vero che nel corso del 2022 il reddito disponibile delle famiglie sarde è cresciuto del 5,6% a valori correnti, è altrettanto vero che la crescita dell’inflazione ha eroso il potere d’acquisto; tanto che il reddito familiare si è ridotto dell’1,2% in termini reali (una contrazione superiore alla media nazionale). La crescita dei prezzi ha inciso in modo particolare sui consumi delle famiglie sarde, tenuto conto del fatto che la componente dei beni alimentari pesa per circa un quarto, seguita dalle spese per le utenze e l’abitazione.
Un importante annotazione sul contesto sociale riguarda il persistere dell’“inverno demografico”. Il bilancio del 2022 continua ad essere negativo. Al 31 dicembre la popolazione residente in Sardegna è inferiore di 12.385 unità rispetto all’inizio dell’anno, nonostante il (piccolo) contributo positivo offerto dal saldo migratorio (+444). Si tratta di una tendenza non nuova, con un saldo naturale (il rapporto tra nati vivi e morti) in affanno oramai da molti anni (-12.829 nel 2022) e che non solo ha portato a una riduzione della popolazione residente ma anche a un invecchiamento della stessa, con inevitabili e importanti conseguenze sui costi socio-sanitari e sul versante pensionistico.
Nell’edizione di quest’anno sia il Report sia il Rapporto annuale hanno concentrato l’attenzione sul tema attualissimo del cosiddetto “lavoro povero” (un aspetto che vede coinvolto circa il 14,0% dei beneficiari Caritas). Un fenomeno che coinvolge donne e uomini, fra cui molti giovani,
che pur occupati non riescono a sostenere le spese della vita quotidiana. Per quanto strano possa sembrare, ci sono individui che pur lavorando
sono costretti a chiedere aiuto ai servizi sociali, alla rete del privato sociale e a ritrovarsi nelle sale d’attesa dei Centri di ascolto Caritas insieme a file di disoccupati e di persone senza alcun reddito. Com’è possibile, dunque, che ci siano persone che pur lavorando sono povere?
La ricerca condotta dalla Caritas pone in luce come vi siano ragioni molteplici, le quali riguardano sia le caratteristiche dell’occupazione sia quelle della famiglia. Certamente vi sono redditi da lavoro bassi i quali possono non essere sufficienti per tutti i componenti della famiglia, soprattutto se il reddito è unico, frutto di un lavoro non-standard, part-time (peggio ancora se involontario) e a tempo determinato. Caratteristiche che, secondo l’Istat, rendono i lavoratori vulnerabili o doppiamente vulnerabili. Nel corso del periodo 2012-2021 la Sardegna ha visto dilatarsi il divario in termini di retribuzioni annue nel confronto con il resto d’Italia (nel 2021 le retribuzioni risultavano inferiori di circa un quarto rispetto alla media delle altre regioni italiane): un fenomeno dovuto sia al minor numero di ore lavorate per addetto (minore intensità di lavoro) sia ai minori compensi orari (a loro volta condizionati dalla prevalenza in Sardegna di aziende di piccole dimensioni, specializzate per lo più nel settore dei servizi per il turismo e del commercio). L’incidenza del lavoro part-time (22,7%) risulta in crescita anche in Sardegna (in particolare per le donne), con un livello decisamente più elevato rispetto alla media italiana. Inoltre, i dati del quinquennio 2018-2022 registrano nell’Isola una forte incidenza anche dei contratti di lavoro a tempo determinato (21,1%).
Raffaele Callia