“Orti Solidali di Comunità”. Il lavoro come strumento che unisce culture diverse. La testimonianza di Emmanuel Anane

Prosegue la narrazione riguardo al progetto Orti Solidali di Comunità. Dopo la testimonianza di Gianluca Frau, tutor tecnico del progetto, pubblicata nel numero precedente del giornale diocesano, è la volta di Emmanuel Anane, beneficiario proveniente dal Ghana e presente in Italia da una decina d’anni. Gli abbiamo chiesto di raccontarci l’esperienza che lo vede impegnato quotidianamente come volontario nel settore dell’agricoltura sociale, promosso dalla Caritas diocesana.

Emmanuel, come sei venuto a conoscenza di questo progetto della Caritas di Iglesias?
Sono stato chiamato da Simone Cabitza, su segnalazione del Centro d’ascolto per stranieri “Il Pozzo di Giacobbe”; mi aveva detto che cosa potevo fare nel terreno con altre persone che stavano lì prima di me. Mi sembrava una cosa buona per me, per tenermi impegnato e fare qualcosa di utile.

È la prima volta che lavori nel settore dell’agricoltura oppure ti è già capitato altrove?
Non è la prima volta per me; ho già lavorato la terra nel mio Paese e anche qui ad Iglesias, in un’azienda agricola. Dunque avevo già fatto della attività come queste; più o meno le stesse che propone il progetto della Caritas.

Stando a contatto col tuo tutor tecnico, Gianluca, stai imparando nuovi sistemi di coltivazione rispetto a quelle in uso in Ghana?
Sì, sto imparando modi diversi di seminare, innaffiare e seguire le piantine; al mio Paese gli agricoltori fanno altre cose nei campi; lavorano diversamente.

In che cosa si differenzia il modo di fare agricoltura nel tuo Paese da ciò che si fa qui in Sardegna?
Sono diverse le cose che si coltivano e anche le attrezzature che si usano nei campi; ma va bene lo stesso per me, io lavoro lo stesso.

Quali colture seminano nel tuo Paese che qui in Sardegna non vengono coltivate?
Qui non ci sono tantissimi prodotti che coltiviamo in Ghana. Ecco, non so spiegarlo in italiano… Però, quando sono arrivato qui ho visto degli ortaggi che ci sono anche in Africa.

Come ti trovi con gli altri volontari con cui condividi buona parte della giornata, nel terreno Monti Santu? Sono tutti italiani o ci sono anche stranieri?
Mi trovo molto bene con loro, lavoriamo insieme ogni giorno. Ci sono anche altri stranieri, africani come me.

Pensi che l’integrazione degli immigrati passi anche attraverso l’attività lavorativa?
Sì, certo; perché lavorare insieme aiuta a stare meglio; quando ci sono tante persone nel lavoro è più bello.

Emmanuel, la tua famiglia è contenta del tuo impegno col progetto degli Orti?
Sì, certo tutta la mia famiglia è contenta; è venuta qui a vedere il terreno e cosa faccio con le altre persone, tutti i giorni. Noi siamo contentissimi di questo. È un modo per sentirsi utili e poter fare qualcosa non solo per se stessi ma anche per gli altri.

Intervista di Emanuela Frau