Il singolare progetto degli Orti Solidali di Comunità, che da quattro anni vede la Caritas di Iglesias impegnata anche nel settore dell’agricoltura sociale, ha dato a diverse persone l’opportunità di vivere la natura in una maniera del tutto diversa, riscoprendo il piacere del contatto con la terra e acquisendo consapevolezza su capacità e talenti, per alcuni ancora nascosti. Gianluca Frau riporta la propria esperienza di tutor tecnico all’interno del progetto, confidandoci l’enorme beneficio che un’attività di questo tipo può generare in chi non si sofferma solo sull’aspetto materiale.
Gianluca, in quale modo sei venuto a conoscenza di questo progetto, finanziato dai Fondi Cei 8xmille. Appare alquanto insolito rispetto ad altri riconducibili alle attività portate avanti dalla Caritas diocesana; non trovi?
Mi fu proposto dal direttore della Caritas, che m’illustrò l’idea di coniugare l’opportunità di impegnare persone che, per svariati motivi, avessero bisogno di ritrovare la serenità e un giusto orientamento di vita con la necessità di un impegno nell’ambito dell’agricoltura biologica. Mi sembrò da subito un’occasione da non perdere, sia per me, in quanto avrei potuto assecondare una passione che ha origine nell’infanzia e proseguire con quella che negli ultimi anni è stata la mia professione, sia per coloro che avrebbero beneficiato di questa iniziativa.
Che cosa ti ha convinto ad accettare la proposta ricevuta a suo tempo?
Sono stato coinvolto in una collaborazione in cui ho potuto mettere a disposizione le competenze acquisite nell’ambito dell’orticoltura, come tecnico che coordina un lavoro di squadra, con finalità che non sono ovviamente legate solo alla quantità dei prodotti raccolti, quanto alla qualità delle relazioni che si possono creare tra gli operatori coinvolti in questa sperimentazione. Sinceramente, avrei accettato la proposta anche come beneficiario, svolgendo un servizio totalmente gratuito, consapevole che, senza voler fare falsa retorica, ciò che può dare un progetto di questo genere non sia misurabile soltanto dal punto di vista monetario. Il mio entusiasmo iniziale non è cambiato; anzi, si è rafforzata la convinzione che la proposta non sia utopistica o esageratamente ambiziosa. Al contrario, con molto sacrificio, da parte di tutti i soggetti coinvolti, si possano ottenere apprezzabili risultati.
In che cosa consiste concretamente il tuo impegno quotidiano?
È necessario innanzitutto fare una previsione e programmare le colture che si intendono produrre, considerando le risorse, umane e materiali, a disposizione. Bisogna essere il più possibile realistici, affidandosi alla Provvidenza e mettendo in conto anche la probabilità degli imprevisti. È capitato, infatti, che alcuni beneficiari non abbiano saputo cogliere l’essenza di questo impegno; forse perché alle prese con legittime preoccupazioni personali o avendo ricevuto un ingaggio lavorativo, preferendo lasciare temporaneamente il progetto. Questi episodi non mi hanno di certo scoraggiato ma hanno semmai confermato l’ipotesi che la bellezza del vivere in armonia con la natura non venga percepita nell’immediato da chi si ritrova in un orto. L’aneddoto più significativo può essere dato dalla curiosa richiesta di alcuni operatori che avrebbero voluto recintare un fazzoletto di terra, in modo da coltivare per una personale produzione, sconfessando di fatto il nobile intento del progetto stesso, che mira a creare relazione e unione tra i beneficiari, per ottenere un risultato che sia frutto di un lavoro comune. Anche l’impazienza di vedere il raccolto in breve tempo ha certamente giocato a sfavore nell’esperienza di alcuni.
Mi sembra di capire che la pazienza del seminatore, che ti caratterizza, non sia appannaggio di tutti…
In effetti bisogna predisporsi nel migliore dei modi, in attesa che arrivi la pioggia, che non siano frequenti le gelate e che la siccità non sia impietosa. Solo adottando un atteggiamento fiducioso si può apprezzare il bello del proprio servizio.
Durante questi mesi hai potuto registrare dei cambiamenti, in termini positivi o negativi, nelle persone che hanno frequentato il terreno in località Monti Santu?
Mi ha sicuramente gratificato vedere nei loro occhi la gioia e lo stupore davanti ai primi germogli degli ortaggi, fieri di esserne gli autori; questo li ha certamente ripagati del sacrificio e impegno profuso, immaginando che l’alternativa a questo poteva essere semplicemente l’ozio. Oltre ai beneficiari, l’orto ha ospitato anche altri collaboratori occasionali, nel periodo della raccolta delle olive e delle patate; posso dire di essere stato spettatore di una sorta di “miracolo”: mi ha davvero commosso vedere una terra, che fino a poco tempo prima non veniva valorizzata adeguatamente, animarsi grazie al servizio gratuito di tante persone, uomini, donne e anche bambini, che entusiaste hanno saputo creare relazioni e unione.
Da quando hai iniziato questa collaborazione è cambiata qualcosa nella tua vita?
Certamente! Non solo sto svolgendo una professione che mi permette di vivere una dimensione per me ideale, ma sono consapevole di poter essere d’aiuto, in qualche modo, ad altre persone, non solo i beneficiari coinvolti, ma chiunque mi chieda di poter godere, per qualche ora, quella serenità e pace che la vita frenetica della città non può certo garantire.
Intervista di Emanuela Frau