Prosegue il cammino sinodale nella Diocesi di Iglesias

Dopo che Papa Francesco ha dato avvio al Sinodo il 9-10 ottobre 2021, invitando tutte le Chiese ad iniziare il percorso in vista del Giubileo del 2025, anche nella Diocesi di Iglesias è iniziato il cammino sinodale, con la messa presieduta dal Vescovo, Giovanni Paolo, domenica 17 ottobre 2021.

Il cammino diocesano prosegue con alcuni impegni programmati per febbraio e marzo. Nell’apposita sezione del sito della Diocesi di Iglesias è possibile consultare i vari appuntamenti, a partire da giovedì 17 febbraio 2022.

È possibile partecipare agli incontri iscrivendosi per mezzo degli appositi moduli predisposti dalla Diocesi, oppure inviando una e-mail all’indirizzo camminosinodale.iglesias@gmail.com, indicando i dati personali, il Comune di residenza e la parrocchia di riferimento.

Come si legge nella Guida al cammino sinodale nella Diocesi di Iglesias, la parola «“sinodo”, di origine greca, significa “cammino fatto insieme”. Con essa la Chiesa ha indicato le esperienze con cui si è cercato di dare risposte, nel corso della sua storia bimillenaria, alle sfide dell’evangelizzazione. Un primo esempio
di Sinodo lo si può incontrare nel capitolo 15 degli Atti degli Apostoli. Normalmente, ciò che in esso viene raccontato viene comunemente denominato “Concilio di Gerusalemme” e riconosciuto come il primo Concilio o Sinodo della Chiesa del Risorto. A partire dal Concilio Vaticano II, l’ultimo dei Concili in ordine di tempo, è stata istituita un’assemblea particolare, denominata “Sinodo dei Vescovi”, che il Papa periodicamente raduna per affrontare alcune questioni particolari. Negli ultimi anni, Papa Francesco ha indetto ben tre Sinodi dei Vescovi. I primi due si sono presi a cuore l’impegno della Chiesa nei confronti delle famiglie; il terzo, invece, i problemi che affrontano i giovani nel vivere la fede. Per i prossimi anni è stato da poco avviata la preparazione di un quarto Sinodo. Questa volta il tema da affrontare è più vasto perché riguarda la “chiesa sinodale”, cioè la capacità della Chiesa di mettersi in cammino senza lasciare dietro nessuno e senza che nessuno rimanga inascoltato».

“Verso un noi sempre più grande”. La mobilità umana in Italia e in Sardegna all’epoca della pandemia.

Lunedì 7 febbraio 2022, dalle ore 15 alle 18, si è svolto il seminario interpastorale online “Verso un noi sempre più grande”. La mobilità umana in Italia e in Sardegna all’epoca della pandemia, organizzato dalla Delegazione regionale Caritas Sardegna e da Migrantes regionale, in collaborazione con l’Ordine dei giornalisti della Sardegna e con l’Ucsi Sardegna. Continue reading

Luci e ombre del Reddito di Cittadinanza da uno studio di Caritas Italiana

Il Reddito di Cittadinanza (RdC) è un sostegno economico ad integrazione dei redditi del nucleo familiare, che vuole essere anche una misura di politica attiva del lavoro, associando quindi il sostegno economico a un percorso di reinserimento lavorativo. Il beneficio assume la denominazione di Pensione di cittadinanza (PdC) se il nucleo familiare è composto esclusivamente da uno o più componenti di età pari o superiore a 67 anni. Il Reddito di Cittadinanza viene erogato ai nuclei familiari in possesso cumulativamente di diversi requisiti al momento della presentazione della domanda e per tutta la durata dell’erogazione del beneficio.

Da diverso tempo l’Ufficio politiche sociali e promozione umana di Caritas Italiana sta conducendo un monitoraggio proprio sul RdC. L’obiettivo della ricerca è quello di avere una solida base di dati per comprendere meglio il rapporto tra Caritas e beneficiari alla luce della nuova fase (Rdc e pandemia) per rendere più adeguati i servizi Caritas.

L’indagine, che viene divisa nelle fasi conoscitiva e operativa, ha un campione di 17 Caritas situate in diverse diocesi italiane (fra cui Iglesias) e 558 nuclei di beneficiari. La prima fase del monitoraggio è già stata portata avanti attraverso la somministrazione di questionari nei diversi Centri di ascolto. Degli intervistati la maggior parte vive in nuclei con minori, registra dei problemi economici, lavorativi, di salute, abitativi e legati all’immigrazione; problemi relazionali o legati agli effetti socio-economici della pandemia.

Dai questionari esaminati emerge che il 70% dei beneficiari non ha ricevuto alcun tipo di formazione e solo il 17,8% ha ricevuto offerte di lavoro dai Centri per l’impiego, mentre 2/3 hanno finalizzato l’offerta tramite canale informale (irregolare). Com’è noto il dibattito pubblico è tornato a concentrarsi sul Reddito di Cittadinanza per stigmatizzare gli effetti negativi che questa misura di sostegno al reddito e all’inclusione sociale avrebbe sulle imprese e sulla stessa ripresa economica. Si pensa infatti che i percettori del reddito (il cui importo medio, secondo il rapporto Inps, oscilla attorno ai 550 euro mensili per nucleo familiare percipiente) preferirebbero ricevere il denaro e rimanere tranquilli sul proprio divano, invece di accettare le mansioni di cui necessitano molte imprese (dando vita alla cosiddetta retorica dei lazy poor). Fortunatamente, questa è una vulgata che non convince e che non regge alla prova delle sperimentazioni che, nel corso dei decenni, hanno riguardato misure simili adottate sperimentalmente in Italia. Anzi, i dati di queste esperienze – al netto degli aspetti problematici e distorsivi della misura – sono assai incoraggianti, tanto più per un Paese che annovera l’emancipazione personale, in primis attraverso il lavoro, tra i principi che dovrebbero guidare l’azione dei poteri pubblici. Peraltro, l’autonomia di cui si discute dovrebbe essere salutata con favore da tutti, in una Repubblica democratica fondata sul lavoro.

Sono diversi gli effetti venutisi a creare con l’applicazione di tale misura, anche dal punto di vista della percezione pubblica. Si sono attivati, ad esempio, meccanismi di stigmatizzazione (di colpa/vergogna) rispetto alla ricezione di aiuto da parte della collettività, cui non si riesce a contraccambiare appieno. Tuttavia, le aspettative dei percettori sono ben diverse, come attestano le molte richieste di sostegno all’inserimento lavorativo a cui il dispositivo non riesce ancora a dare risposta. Si tratta, dunque, di una misura da tutelare e migliorare affinché non sia solo un sussidio ma anche un supporto concreto all’inserimento sociale e lavorativo. Aspetti sui cui anche l’ultimo Rapporto sulle povertà della Caritas diocesana di Iglesias si è soffermato (cfr. “Scenari di fragilità prima della pandemia”, consultabile attraverso il seguente link).

Queste indagini hanno consentito uno sguardo approfondito e dettagliato rispetto alla popolazione Caritas permettendo la definizione di categorie interpretative utili a leggere la complessità del «mondo della povertà». In ottica Caritas, si sono dimostrati strumenti utili per una riflessone interna rispetto ad una pluralità di aspetti, non solo conoscitivi, ma anche applicativi e pratici.

L’obiettivo di tali indagini è quello di permettere una migliore comprensione del rapporto tra Caritas e beneficiari alla luce del continuo evolversi delle povertà e per rendere più adeguati i servizi Caritas. Ci sono profili nuovi di povertà che sfuggono al sistema di welfare e su cui occorre ragionare; in particolare su come riorientare i servizi e le attività Caritas alla luce della copertura, efficacia e adeguatezza delle politiche contro le povertà esistenti. Ecco perché nei primi mesi del nuovo anno ci sarà la seconda fase del monitoraggio sul RdC, con l’intento di soffermarsi sulla rete dei servizi comunitari (come i servizi territoriali e i Centri per l’impiego), capire come si possono portare avanti i Puc (progetti utili alla collettività) e offrire un approfondimento sulla povertà educativa minorile.

Sara Concas

Dono per gli altri come vocazione

Anna Franca Manca, Coordinatrice diocesana dei Centri di ascolto

«La vocazione mi è stata trasmessa dai miei genitori e dai miei nonni, poi è maturata in età adulta; arriva già da quando si è bambini». Ne è convinta Anna Franca Manca, che, con un grande sorriso accogliente, ci racconta la sua chiamata al servizio degli altri.

Infermiera in pensione da qualche anno, attraverso la sua esperienza professionale ha imparato che ciascuno ha bisogno del prossimo e può farsi dono per gli altri. Oggi, anche grazie al servizio come Coordinatrice diocesana dei Centri di ascolto, ha maturato la consapevolezza che siamo tutti creature di un Amore grande. Ammette che non mancano i momenti di prova: «in questo fare per gli altri c’è anche la fatica, il turbamento e i dubbi, che però fanno crescere. Spendere la vita per gli altri – aggiunge – ti dà gioia nel cuore. Tutto questo si chiama carità».

Per Anna Franca è sempre il momento giusto per fare il bene: nella quotidianità per poterne apprezzare i frutti nel presente e nel futuro. «È inutile fare volontariato se poi in famiglia prevale l’arroganza e non l’amore che bisogna curare sempre, anche nelle relazioni intra-familiari». Per lei il prendersi cura degli altri è prendersi cura anche di sé; stare in relazione col prossimo dà l’opportunità di cambiare, migliorarsi e mettersi in gioco. Con l’arrivo della pensione ha potuto realizzare un desiderio che coltivava da tempo. «Mi sono avvicinata alla Caritas proprio per poter ascoltare le persone; il Centro di ascolto era il posto più adatto a me; sono sicura che bisogna sapersi ascoltare per poter ascoltare gli altri ed esserci per loro».

Durante la pandemia molti volontari anziani sono rimasti a casa per una comprensibile paura del contagio; lei ha accolto subito la loro fragilità ma non ha voluto chiudere il Centro perché era un momento delicato per tante persone che avrebbero chiesto una mano d’aiuto. «Non ero sola, alcune volontarie hanno continuato a prestare servizio con me; il resto del gruppo era comunque presente con la preghiera: ci sosteneva in questo modo». Nei momenti di stanchezza e sconforto capita che si senta scoraggiata, perché pretende che le cose siano fatte alla perfezione, ma poi si rasserena, anche al pensiero che il Signore le ha dato l’opportunità di aiutare il prossimo. «Lui per me ha fatto tanto. Lo penso crocifisso, morto per la mia salvezza; si è reso piccolo nell’Eucaristia, non lo posso tenere per me, lo devo dare agli altri. Tutto ciò che passa di bello in me è un dono che è giusto trasmettere».

Emanuela Frau

“Il servizio ai poveri come vocazione”. La riflessione del delegato regionale della Caritas per il Natale 2021

Il n. 3 della newsletter della Delegazione regionale Caritas Sardegna

Cosa spinge tante persone di diversa età, con un bagaglio di competenze diverse e con storie di vita differenti, a dedicare parte del proprio tempo, parte di se stessi – in alcuni casi interamente se stessi – per gli altri? Non lo si fa per guadagnarci qualcosa in termini economici (anzi, molto spesso ci si rimette di tasca propria); non si è spinti da smanie di protagonismo (altrimenti sarebbe vanità narcisistica e, peggio ancora, peccato d’orgoglio); non lo si fa nel tempo perso (anzi è necessario “perdere” del tempo per dedicarsi agli altri, molto spesso sacrificando famiglia e amicizie). E dunque qual è la leva che smuove, che dà la spinta affinché uomini e donne, giovani e meno giovani, si dedichino al volontariato?

Sono tante le persone che, anche nella nostra regione, si dedicano a qualche forma di impegno volontario, in un tessuto associativo cresciuto progressivamente e che ha senza dubbio arricchito le varie comunità. Si tratta di un fenomeno ampio, inquadrabile a stento nelle categorie giuridiche e amministrative del cosiddetto “Terzo Settore” (che affianca il pubblico e il privato), soprattutto alla luce della recente riforma in materia, tanto da far ipotizzare l’esistenza di un vero e proprio “Quarto Settore” per definire in modo esclusivo l’impegno organizzato di quanti si dedicano gratuitamente e senza alcun riconoscimento pubblico alla cura della comunità in senso lato.

Chi fa una significativa esperienza di volontariato, in particolare sul versante della prossimità sociale ed educativa, sa bene (e lo sanno tantissimi giovani che hanno fatto il Servizio civile) che è molto più ciò che si riceve di quanto si possa dare. È quasi un invito a rileggere le pagine evangeliche del miracolo dei pani e dei pesci e di come dal poco che si ha (e si è), grazie alla proprietà diffusiva dell’amore, sia possibile moltiplicare il bene e condividerlo.

Ecco perché in molti, seguendo il richiamo di San Paolo – Caritas Christi urget nos – nel porsi la domanda “chi te lo fa fare?” rispondono nei termini di una semplice e impegnativa vocazione: “è l’amore ricevuto da Dio che mi chiama e mi spinge ad amare gli altri”. Come dire che non siamo in grado di accogliere, ascoltare, curare le ferite se anzitutto non ci sentiamo piccoli noi per primi; se non ci sentiamo accolti, ascoltati e amati da Dio.

L’aver scelto per questo numero di ImpegnoCaritas l’icona dell’Annunciazione in prossimità del Natale ci ripropone un esempio sublime di risposta alla chiamata; una vocazione al servizio che è totale dono di sé: nella semplicità e nell’obbedienza al volere dell’Amato, fonte del vero Amore.

Raffaele Callia
Delegato regionale Caritas Sardegna

“Chiamati ad amare”. L’introduzione del Vescovo al numero di Avvento/Natale 2021 di “ImpegnoCaritas”

Adorazione del Bambino, Gerrit van Honthorst (1590-1656), Firenze, Galleria degli Uffizi

Nelle nostre Caritas parrocchiali tante persone, giovani e adulti, uomini e donne, offrono volontariamente e gratuitamente molto del loro tempo nell’attenzione a chi si trova  in difficoltà.  La loro decisione di mettersi a servizio dei poveri può essere causata da diverse motivazioni: il desiderio di rendersi utili, la gioia sperimentata nell’aiutare altri, l’imitazione di qualcuno che si è reso a noi disponibile in un momento di difficoltà. O forse sono stati spinti da altre ragioni, apparentemente anche molto meno valide.

Dio sa accettare anche le nostre motivazioni meno nobili, ma desidera purificare le nostre intenzioni, perché possiamo arrivare ad essere sempre più simili a Lui nel suo amore gratuito. Un modo in cui ci aiuta a capire questo suo desiderio è l’invito che fa ad ogni battezzato di contemplare la storia della salvezza e di diventarne protagonisti attivi.

Tutti noi nella comunità cristiana possiamo riscoprire questo suo progetto nel vivere l’anno liturgico. In questo tempo di Avvento e di Natale abbiamo l’opportunità di un vero cammino di purificazione del nostro modo di amare e di servire, guardando a Gesù obbediente al Padre e imitando le persone che gli sono state più vicine.

La creatura che più lo ha accolto è sua Madre, la Vergine Maria. Perciò possiamo lasciarci aiutare da Lei.

Maria, “la piena di grazia”, accetta di vivere la sua vita a disposizione di un disegno d’amore che la supera da ogni parte. È Dio che ci ama per primo e ci chiama a collaborare con Lui. La libera decisione di diventare “servi” del Signore e dei fratelli – che Dio ci propone e la cui realizzazione Lui stesso sostiene col dono del suo Spirito  – deriva dalla scoperta e dall’accoglienza della realtà di Dio che ama ogni sua creatura con gratuità, nonostante la nostra debolezza e addirittura il nostro rifiuto.

Dio non ci costringe ad amarlo e a fare ciò che Lui vuole: desidera da noi un amore libero, che si traduca in piena disponibilità e obbedienza. Attende il nostro libero “sì”. Ma per accogliere i piani di Dio non bisogna essere troppo centrati sui propri piani; dobbiamo essere “vuoti”, non pieni di noi stessi, dei nostri desideri, delle nostre attese. Dobbiamo essere liberi, come Maria. E, come Lei, dobbiamo essere attenti alla volontà di Dio e pronti a metterci al servizio dei fratelli che Lui ci mette accanto. Così il Signore Gesù si farà presente nella nostra vita e i poveri che sapremo accogliere diventeranno “i nostri evangelizzatori”.

+Giovanni Paolo Zedda

Le difficoltà delle famiglie straniere ad essere accolte nel nostro territorio

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«… diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio»
(Lc 2,7).

Questo è riportato dall’evangelista Luca sulla nascita del nostro Salvatore, che andremo a celebrare tra poche settimane. In queste parole possiamo leggere la storia di tutte quelle persone che non riescono a trovare una dimora. Risulta naturale paragonare le vicissitudini affrontate dalla Sacra Famiglia con quelle quella di Sarah e William (usiamo dei nomi di fantasia, per tutelare la loro privacy).

Giunti in Italia dopo un lungo viaggio, nel 2015 Sarah e William iniziano la loro vita insieme nel nostro Paese. Nel loro percorso hanno due bambine, attualmente di 5 e 3 anni, nate in Italia. William ha trovato un lavoro che lo aiuta a sostenere la propria famiglia. Sarah si occupa egregiamente delle piccole: è formidabile nella gestione dell’economia domestica e, anche se ha difficoltà nell’apprendere l’italiano, lascia che le sue bimbe le facciano da maestre imparando così la lingua.

La verità è che questa famiglia, che abita in una casa senza un contratto d’affitto, da quasi sette mesi è alla ricerca di un appartamento il cui proprietario possa proporre loro un regolare contratto di locazione, a un prezzo equo, così da fornire il titolo necessario per il rinnovo del permesso di soggiorno. Sono disposti a pagare un equo affitto ma nessuno offre loro un regolare contratto di locazione. L’ostacolo – è paradossale affermarlo ma è proprio così – non è dato dagli stranieri ma dal fatto che esistano cittadini italiani, proprietari di casa, ed evasori fiscali.

Possedere una casa o prenderla in affitto è una necessità sacrosanta per poter godere di una vita autonoma e indipendente, specie con una famiglia a carico. Non tutti, però, riescono a soddisfare quel bisogno primario; e questo è vero sia per gli italiani che per gli stranieri. Questi ultimi, peraltro, per permanere in Italia, devono possedere un permesso di soggiorno, ma tra i requisiti è richiesto il possesso di un regolare contratto di affitto o di una propria abitazione.

Nell’ultimo anno il Centro d’ascolto per stranieri “Il Pozzo di Giacobbe” ha ricevuto costanti richieste di abitazioni da parte di famiglie straniere presenti in vari comuni della nostra Diocesi. Nella maggior parte dei casi si tratta di giovani coppie con bambini che, alla ricerca individuale di un appartamento, incontrano difficoltà ricorrenti.

Le motivazioni dietro questo rifiuto potrebbero essere l’affidabilità in merito alla regolarità nel pagamento dell’affitto, i diversi stili di vita; ma si tratta, in teoria, di preoccupazioni che sono ugualmente riconducibili ai cittadini italiani. In alcuni casi ci si può trovare di fronte a veri e propri pregiudizi nei confronti degli stranieri.

Non è poi da trascurare il forte richiamo degli affitti brevi a turisti che garantiscono un introito economico notevole, non sempre ottenuto nel rispetto dei criteri imposti dalla normativa fiscale.

Spesso questi pregiudizi non trovano riscontro nella realtà, ma inficiano la possibilità di una buona integrazione di queste famiglie nel contesto locale.

L’Avvento è oramai alle porte e non ci resta che pregare affinché la famiglia di Sarah e William e tutte le famiglie alla ricerca di un alloggio dignitoso possano trovare accoglienza.

Le volontarie del Centro d’ascolto per stranieri
“Il Pozzo Di Giacobbe”

Notizie buone e cattive dalla Conferenza dell’ONU sul clima

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Per molti commentatori la XXVI Conferenza delle Nazioni Unite sul clima (Cop26) ha fatto parlare di sé più di quanto la Conferenza stessa abbia parlato concretamente delle emergenze climatiche. Tuttavia, per stabilire se davvero tale vertice sia stato un fallimento o un successo bisognerebbe stabilire cosa si intende esattamente con questi due termini.

È certo che diversi protagonisti del summit, tenutosi nella città scozzese dal 31 ottobre al 12 novembre, non hanno nascosto la propria delusione per gli esiti incerti del testo finale. Un risultato che tiene conto degli impegni a lungo termine sull’azzeramento delle emissioni di gas serra, assi diversi per obiettivo temporale e a seconda del contesto geo-politico di riferimento: UE e USA al 2050, la Cina al 2060 e l’India al 2070. D’altra parte sono stati proprio l’India e la Cina ad aver imposto di modificare il passaggio del testo in cui si chiedeva di eliminare l’uso del carbone, sostituendolo con un generico obiettivo a ridurlo. Ecco perché la maggior parte delle associazioni ambientaliste hanno definito il testo finale dell’accordo vago e inconsistente.

Peraltro, non sono mancate le preoccupazioni dei Paesi più esposti agli effetti del cambiamento climatico, i quali hanno protestato per la mancanza di strumenti risarcitori a motivo dei danni provocati dai Paesi industrializzati, per lo più responsabili delle emissioni di gas serra. I primi, infatti, avrebbero dovuto ricevere 100 miliardi di dollari all’anno per finanziare la transizione energetica (un impegno stabilito nel 2009 e mai rispettato). A Glasgow, invece, si è promesso di mobilitare circa 500 miliardi di dollari entro il 2025.

L’insuccesso più grosso è senza dubbio il non essere riusciti a dichiarare l’impegno di evitare che entro la fine del secolo la temperatura media globale aumenti di più di 1,5 gradi rispetto all’era preindustriale. A questo proposito le previsioni più pessimistiche, fra cui quelle elaborate dal gruppo di ricerca indipendente che cura il cosiddetto “Climate Action Tracker”, avvertono che le temperature globali potranno aumentare di almeno 2,4 gradi anche nel caso in cui gli impegni siano assunti pienamente a livello globale. E questo perché si giunge con almeno vent’anni di ritardo.

Altra incognita assai importante è legata al fatto che, al netto delle dichiarazioni roboanti, gli accordi raggiunti a Glasgow non sono vincolanti per gli Stati e non esistono meccanismi che di fatto li rendano cogenti.

Tra i successi ottenuti a Glasgow vi è anzitutto il fatto – non secondario – che l’emergenza climatica si è finalmente imposta come argomento assolutamente prioritario nel dibattito istituzionale a livello mondiale, dopo anni di scetticismo ai massimi livelli. L’accordo, giunto al termine di oltre due settimane di negoziati e sottoscritto da quasi 200 Stati, cita storicamente per la prima volta, in modo esplicito, la necessità di limitare l’impiego di combustibili fossili. Altri accordi importanti raggiunti a Glasgow sono quelli relativi alla riduzione del 30% delle emissioni di metano e quello per fermare la deforestazione (entrambi entro il 2030).

Dopo circa 20 anni il dibattito sull’emergenza climatica promosso in seno alla comunità scientifica e fatto proprio dalla società civile, si è finalmente trasformato in vera e propria priorità globale. La Cop26 lo ha ufficialmente certificato e ciò rappresenta un punto di non ritorno per l’intero pianeta.

Raffaele Callia

Le indicazioni del Vescovo per la V Giornata mondiale dei poveri

Domenica 14 novembre 2021 – Quinta Giornata mondiale dei poveri
Le indicazioni del Vescovo per vivere personalmente e comunitariamente la GiornataDomenica 14 novembre 2021, XXXIII domenica del Tempo Ordinario, anche la nostra Chiesa diocesana è chiamata a celebrare la quinta Giornata mondiale dei poveri, guidata dal messaggio del Papa dal titolo “I poveri li avete sempre con voi” (Mc 14,7) .
Anche per la nostra comunità si propongono occasioni di riflessione, gesti di solidarietà e momenti di preghiera, per i poveri e con i poveri.

Preghiera per i poveri e con i poveri
Per quanto possibile, nelle celebrazioni eucaristiche del 13 e del 14 novembre si condivida il messaggio del Santo Padre Francesco, il cui estratto sarà pubblicato nel nostro giornale diocesano. Si sviluppi in ogni caso una particolare attenzione a questi temi durante le celebrazioni eucaristiche e si contemplino delle specifiche intenzioni nella preghiera dei fedeli.
Il 14 novembre alle ore 18.00, presso la chiesa parrocchiale del Cuore Immacolato di Maria in Iglesias, sarà celebrata la Santa Messa in occasione della quale riceveranno il diaconato i seminaristi Diego Cerniglia e Leonardo Crobu. Facendo memoria della diaconia, la quale nella Chiesa dei primordi fu promossa per garantire il servizio ai poveri, nel rispetto delle norme sanitarie vigenti e considerando gli spazi disponibili, invito alla partecipazione gli operatori pastorali della Carità.

Inoltre, propongo alla comunità cristiana di promuovere delle adorazioni eucaristiche e di partecipare alle veglie di preghiera, da me presiedute, che si terranno:

  • a Carbonia, il 16 novembre (ore 19.00) presso la chiesa parrocchiale Beata Vergine Addolorata;
  • a Iglesias, il 17 novembre (ore 20.00) presso la chiesa cattedrale Santa Chiara.

Prossimità concreta per i poveri e con i poveri
Invito ogni battezzato e ogni comunità cristiana della nostra diocesi a lasciarsi coinvolgere con impegno non solo nella riflessione e nella preghiera ma anche nella solidarietà per i poveri. In questa prospettiva, esorto affinché nelle celebrazioni eucaristiche, prefestive e festive, le collette siano indirizzate al sostegno dei poveri delle comunità parrocchiali (valorizzando in particolare i servizi caritativi presenti) e del Fondo di Solidarietà diocesano. Si rammenta che quest’ultimo viene regolarmente adoperato per sostenere il microcredito rivolto a famiglie in difficoltà e incoraggiare piccole imprese, oltre che, sul fronte dell’occupazione, per favorire l’inserimento lavorativo di persone svantaggiate. Sappiamo bene come questo tempo di prova datoci dalla pandemia abbia generato nuove fragilità tra i nostri fratelli.
Siano promosse collette alimentari in tutte le parrocchie della Diocesi, destinandole alle famiglie bisognose delle rispettive comunità parrocchiali, anche in questo caso valorizzando in particolare i servizi caritativi presenti (Caritas parrocchiali, Volontariato Vincenziano, ecc.). Le parrocchie delle Foranie di Iglesias, Carbonia, Sant’Antioco e Sulcis potranno anche destinare i viveri raccolti ai rispettivi Empori della Solidarietà (Iglesias) e Centri unici di raccolta e distribuzione (Carbonia, Sant’Antioco e Narcao). Inoltre, si valorizzino anche iniziative che possano provenire dalla comunità civile e che ci ricordano il compito di dialogare e collaborare anche con altre realtà del territorio che si impegnano sul versante della solidarietà.

Maggiore consapevolezza sui poveri e sulle povertà
Con l’iniziativa “Vieni e vedi” si invitano i parroci a promuovere tra i fedeli delle rispettive comunità parrocchiali delle visite presso alcune delle opere-segno promosse nella nostra Chiesa diocesana. Alcune di esse, infatti, rimarranno aperte in determinati giorni e orari per consentire, attraverso il dialogo con i volontari presenti, di “venire e vedere” secondo l’esortazione evangelica. A seguire i servizi disponibili:

  1. Centro di ascolto diocesano “Marta e Maria” (Iglesias, via della decima 4): domenica 14 novembre, dalle 09.00 alle 12.00;
  2. Centro di ascolto interparrocchiale “Madonna del Buon Consiglio” (Carbonia, via Satta 150): sabato 13, dalle 09.00 alle 12.00;
  3. Emporio della Solidarietà (Iglesias, via Crocifisso 97): sabato 13, dalle 10.00 alle 12.30; domenica 14, dalle 10.00 alle 12.30;
  4. Centro unico di raccolta e distribuzione (Carbonia, via Lubiana 174): sabato 13, dalle 16.00 alle 19.00; domenica 14, dalle 09.30 alle 11.00.

Colgo l’occasione per ricordare che l’elenco completo dei servizi caritativi è consultabile al seguente link del portale della Caritas diocesana di Iglesias: https://www.caritasiglesias.it/contatti/

Il tema delle povertà è assai complesso e, come ci insegnano gli studi e le ricerche esistenti, è un fenomeno multidimensionale. In questo senso appare importante avere contezza della portata del fenomeno nella sua complessità, anche attraverso il servizio di quanti, all’interno della Chiesa, come nel caso della Caritas, ascoltano e osservano sistematicamente il disagio dei nostri fratelli. A questo proposito segnalo che la Delegazione regionale della Caritas, l’8 novembre p.v., presenterà a Cagliari il Report su povertà ed esclusione sociale in Sardegna 2021 (disponibile da quel giorno sul portale http://www.caritassardegna.it). Il tema di approfondimento dell’edizione di quest’anno è la povertà educativa, fenomeno cresciuto sensibilmente nell’anno della pandemia, della chiusura delle scuole e della novità della didattica a distanza.

Anche in questo tempo di perdurante prova, dovuto alla pandemia, sentiamo tutti l’urgenza di sviluppare una maggiore consapevolezza cristiana sui poveri e sulle povertà, anzitutto attraverso l’incontro quotidiano con quanti, con la propria debolezza e fragilità, esprimono il volto del Signore Gesù.

Iglesias, 2 novembre 2021
+ Giovanni Paolo Zedda