V Giornata mondiale dei poveri: tra vecchie e nuove povertà, alcune storie di fragilità accolte nella nostra diocesi

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Così come nel resto della Sardegna e in tutta l’Italia, anche nel nostro territorio sono tante le persone che si sono rivolte alla Caritas per la prima volta durante la pandemia. Grazie alla testimonianza dei Centro di ascolto presenti in varie parti della diocesi, che hanno operato sempre in presenza, possiamo delineare meglio il profilo delle persone ascoltate. Contrariamente al dato regionale, le persone ascoltate sono nella maggior parte dei casi uomini; hanno un’età compresa tra i 40 e i 50 anni, per lo più senza un lavoro stabile, che si sono visti trascinati (molto spesso per la prima volta) in una dimensione in cui hanno fatto fatica ad assicurarsi una vita dignitosa. Una realtà di cui non siamo stati solo dei testimoni silenziosi ma ci siamo sentiti fortemente coinvolti. Abbiamo incontrato e ascoltato esperienze difficili. Abbiamo raccontato le loro storie, riuscendo a tracciare per molte famiglie una nuova strada verso la serenità.

Come nel caso di Cecilia (nome di fantasia), una ragazza di 32 anni con figli, con una separazione burrascosa; una persona molto provata: senza casa, senza sussidi, molto spaventata di non avere niente per i propri figli. Inizialmente viveva da un’amica. L’abbiamo accolta affinché si sentisse a casa, rassicurata per il fatto che tutto ciò che avesse voluto raccontare sarebbe rimasto tra noi, nel rispetto della legge sulla privacy. Dopo aver ascoltato la sua storia, i suoi bisogni e le sue richieste abbiamo iniziato a tracciare con lei una strada da seguire per aiutarla a superare la sua condizione di fragilità.

Grazie alla collaborazione con il volontariato vincenziano abbiamo fatto in modo che ricevesse una tessera per poter fare la spesa all’Emporio della Solidarietà, con la promessa di un impegno a cercare insieme una casa. Quel giorno Cecilia non ha risolto tutti i suoi problemi ma ha certamente riacceso la speranza e la voglia di ricominciare: è andata via più tranquilla. È tornata da noi dopo una settimana, dicendoci che stava lavoricchiando e che era contenta per aver ricevuto la tessera per l’Emporio. L’abbiamo invitata a recarsi al CAF per richiedere di poter accedere ai vari sussidi che spettavano per lei e i suoi figli. Inoltre, l’abbiamo esortata a continuare ad andare al Consultorio, per lei ma soprattutto per la figlia di cui era in attesa. Ha trovato una piccola casa e inizialmente l’abbiamo sostenuta per l’affitto. Ha trovato altri lavoretti e con il Reddito di cittadinanza riesce, seppur con molta fatica, a sostenere le varie spese della vita quotidiana. Finalmente la vita di Cecilia ha avuto un nuovo equilibrio, proprio grazie a un cambiamento che è partito da lei.

Anche al Centro di ascolto per stranieri le situazioni si sono aggravate a causa della pandemia. Alcune persone hanno perso il lavoro come mediatori culturali, cuochi o camerieri; inoltre, una quota rilevante viveva di commercio  ambulante. Questi ultimi, nello specifico, hanno dovuto cessare la propria attività non potendo vendere nulla a causa dei vari confinamenti. Tutto ciò ha finito per farli rimanere sostanzialmente senza reddito. La maggior parte di queste persone, infatti,  lavora nel commercio riuscendo così a mantenere la propria famiglia e a inviare delle rimesse in patria; ma a causa della quarantena il lavoro si è ridotto a tal punto da non riuscire più nemmeno ad acquistare i beni di prima necessità come cibo, prodotti per l’igiene personale e della casa. Di punto in bianco hanno dovuto spendere i pochi risparmi accumulati nel tempo, trovandosi con diversi fitti, bollette e imposte varie da pagare.

Sono solo degli esempi che possono servire a descrivere come abbiamo cercato di fare fronte contemporaneamente alla crisi sanitaria ed economico-sociale. Tramite queste esperienze abbiamo colto l’occasione per sentirci parte di una comunità che sa inventare nuove forme di prossimità, sollecitudine e generosità verso i più deboli. Tutto questo arricchisce il concetto di carità, la quale richiede di stabilire delle relazioni sempre più forti tra le persone.

Sara Concas
Osservatorio diocesano delle povertà e delle risorse

Report su povertà ed esclusione sociale in Sardegna 2021 e Rapporto annuale della Delegazione 2020-21

Lunedì 8 novembre 2021, in vista della V Giornata mondiale dei poveri indetta da Papa Francesco, alle ore 9.00 nella sala stampa del Seminario Arcivescovile di Cagliari (via mons. Cogoni, 9) si è svolta la conferenza stampa di presentazione del Report regionale su povertà ed esclusione sociale 2021 e del V Rapporto annuale 2020 – 2021 Contrastare la povertà educativa nell’epoca della pandemia. Attività, progetti ed esperienze formative, realizzati dalla Delegazione regionale Caritas Sardegna.

Sono state esaminate le problematiche emergenti relative alla povertà e ai bisogni rilevati sul territorio regionale nel 2020/2021, sulla base dei dati forniti dai Centri d’ascolto delle Caritas diocesane della Sardegna, strumenti privilegiati di incontro e osservazione del disagio. Oltre all’analisi delle povertà, è stata fornita anche la descrizione di alcune risposte progettuali proposte dalle Caritas diocesane dell’Isola sul versante della povertà educativa, avviate o proseguite nel corso dello stesso periodo.

Saluti
Don Marco Lai, direttore della Caritas diocesana di Cagliari

Introduzione
S.E. Mons. Giovanni Paolo Zedda, Vescovo di Iglesias e Delegato della Conferenza Episcopale Sarda per il Servizio della carità

 

 

Presentazione del “Report su povertà ed esclusione sociale in Sardegna 2021”
a cura di Raffaele Callia, Delegato regionale Caritas Sardegna e Responsabile del Servizio Studi e Ricerche della Caritas regionale

Presentazione del V Rapporto annuale 2020-2021, dal titolo “Contrastare la povertà educativa nell’epoca della pandemia. Attività, progetti ed esperienze formative”
a cura di Maria Chiara Cugusi, Referente del Servizio Comunicazione della Caritas regionale

 

I Rapporti, i relativi inserti e le schede di sintesi per i media possono essere scaricati attraverso i seguenti link:

Verso la 107ma giornata mondiale del migrante e del rifugiato

“Verso un noi sempre più grande”. È questo il titolo del messaggio proposto dal Papa il 3 maggio scorso in previsione della 107ma Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, che sarà celebrata domenica 26 settembre. Lo stesso titolo che ha caratterizzato il webinar, in preparazione della medesima Giornata, proposto dalla Delegazione regionale Caritas Sardegna e da Caritas Migrantes e che è stato trasmesso in streaming sul canale YouTube della Caritas regionale giovedì 16 settembre, alle ore 16.00.

Ad introdurre il seminario online il vescovo delegato della Conferenza Episcopale Sarda per i due organismi pastorali regionali, mons. Giovanni Paolo Zedda, il quale nel suo intervento ha voluto richiamare la preghiera contenuta nella parte finale del messaggio del Papa, con la quale si implora la benedizione per “ogni gesto di accoglienza e di assistenza che ricolloca chiunque sia in esilio nel noi della comunità e della Chiesa”.

Due le relazioni portanti del seminario: la prima affidata a Simone Varisco, della Fondazione Migrantes, attraverso cui è stato possibile ripercorrere la storia di questa Giornata, la quale, istituita per la prima volta nel lontano 1914, dal 2019 si celebra ogni anno nell’ultima domenica di settembre. Una giornata che alle origini guardava al mondo delle emigrazioni, una realtà particolarmente significativa per l’Italia che, proprio tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, aveva conosciuto le grandi migrazioni transoceaniche, oltre a quelle dirette in altri Paesi europei e dell’Africa mediterranea.

La seconda relazione, curata da Manuela De Marco di Caritas Italiana, è servita a riconoscere il grande contributo dato dalla Chiesa cattolica rispetto al tema della mobilità umana, anche nella storia recente: un contributo fatto non solo di prossimità nell’accoglienza, favorendo reali processi di integrazione sociale come argine alle spinte xenofobe che ciclicamente emergono anche nel nostro Paese, ma anche come significativo fattore culturale e valoriale, di inclusione e coesione delle diversità in un “noi sempre più grande”, proprio come recita il titolo del messaggio. A coordinare e concludere il seminario online sono stati rispettivamente il delegato regionale della Caritas e l’incaricato regionale di Migrantes, Padre Stefano Messina.

Per il Rapporto dell’Alto Commissariato per i Rifugiati delle Nazioni Unite, Global Trends. Forced displacement in 2020, il numero dei rifugiati nel mondo è aumentato del quattro per cento nell’ultimo anno. Nel corso del 2020, infatti, nonostante l’emergenza pandemica (e le conseguenti restrizioni nella mobilità), le persone nel mondo costrette a lasciare le proprie case a causa di persecuzioni, conflitti, violenze, violazioni dei diritti umani e avvenimenti che hanno modificato gravemente l’ordine pubblico, sono state 82,4 milioni. Di queste, la maggior parte (pari a 48 milioni) è costituita da sfollati interni, vale a dire spostatisi all’interno del proprio Paese d’origine, mentre i rifugiati in altri Paesi sono 26,4 milioni.

Cifre impressionanti che ci portano a sognare un mondo diverso. Come ci ricorda il Papa nella parte conclusiva del messaggio, non dobbiamo avere “paura di sognare e di farlo insieme come un’unica umanità, come compagni dello stesso viaggio, come figli e figlie di questa stessa terra che è la nostra Casa comune, tutti sorelle e fratelli”.

Raffaele Callia

Emergenza incendi: gli esiti delle collette e delle donazioni

La diocesi di Iglesias, in data 13 settembre 2021, ha versato sul conto appositamente istituito dalla diocesi di Alghero-Bosa la somma di euro 10.000,00 per l’Emergenza incendi Montiferru e Planargia, a seguito delle collette promosse da diverse parrocchie, dalle donazioni provenienti da privati e dalla dotazione integrativa effettuata dalla Caritas diocesana.

Sabato 24 e domenica 25 luglio 2021, vasti incendi si sono propagati a Cuglieri e Scano di Montiferro. Danni importanti anche a Santu Lussurgiu, Tresnuraghes, Sennariolo e in altre località del territorio. Alberi ridotti in cenere, boschi cresciuti nel tempo e bruciati in poche ore. Ai danni ambientali si sono ben presto aggiunti pure quelli riguardanti il mondo produttivo, costituito da un arcipelago di realtà familiari già messe a dura prova dalla pandemia.

La Chiesa diocesana di Iglesias non è rimasta indifferente: il contributo raccolto servirà a sostenere le iniziative solidaristiche della diocesi di Alghero-Bosa in favore delle famiglie e delle realtà produttive colpite dagli incendi.

La Caritas diocesana di Iglesias

“Verso un noi sempre più grande”

Giovedì 16 settembre 2021, alle ore 16.00, la Delegazione regionale Caritas della Sardegna e Migrantes Sardegna organizzano un seminario online dal titolo “Verso un noi sempre più grande”, in preparazione alla 107ma Giornata mondiale del migrante e del rifugiato. Sarà trasmesso in diretta streaming sul canale YouTube della Delegazione regionale Caritas della Sardegna.

Al centro del seminario online, una riflessione sul tema delle migrazioni oggi, a partire dal messaggio di Papa Francesco per la 107ma Giornata mondiale del migrante e del rifugiato.

Dopo i saluti e l’introduzione di mons. Giovanni Paolo Zedda, vescovo delegato della Conferenza episcopale sarda per il servizio della carità e per le migrazioni, ci saranno le relazioni di Simone Varisco (Fondazione Migrantes) su “La storia del “noi”: una Chiesa sempre più cattolica. Una riflessione sul legame tra mobilità umana e cattolicesimo, per un nuovo cammino della Chiesa nel mondo”; di Manuela De Marco (Caritas Italiana) su “Verso un mondo sempre più inclusivo. Gli scenari attuali della mobilità umana: una nuova sfida verso l’accoglienza e l’inclusione dell’altro”. Le conclusioni saranno affidate a Padre Stefano Messina, incaricato regionale Migrantes Sardegna e a Raffaele Callia, delegato regionale Caritas Sardegna.

 

Dare credito alla speranza. Il Servizio di sostegno economico racconta un anno di esperienza

Il 2020 è stato un anno segnato dalla pandemia, nemico sconosciuto, che ha stravolto la vita di tutto il mondo. Sarà ricordato come l’anno del Coronavirus, con un forte impatto sulle sofferenze per la perdita dei propri cari, sul mondo del lavoro, sulla scuola e, soprattutto, sulle famiglie.

Ha generato una moltitudine di nuovi poveri, di persone che nel breve tempo hanno perso tutto, in primis il lavoro e quindi l’impossibilità di far fronte alle necessità primarie e agli impegni assunti nei periodi precedenti la pandemia. Davanti a uno scenario apocalittico il mondo del volontariato, a tutti i livelli, ha sentito la necessità di stare vicino a quei fratelli che, con tanta umiltà, hanno chiesto un aiuto in termini di affetto e non solo in termini economici.

La Caritas diocesana, di cui ci onoriamo di farne parte attiva, attraverso i vari organismi che la compongono, ha, purtroppo, trovato terreno fertile perché l’amore verso le persone più fragili predicato dal Nostro Signore Gesù Cristo, attecchisse in opere di bene e di solidarietà.  Nell’arco di questo disastroso anno, attraverso il Centro di ascolto “Marta e Maria” e il gruppo dei collaboratori del Servizio di Sostegno Economico di Iglesias, si è creata una catena di condivisione di tutte quelle problematiche esposte dai richiedenti.  Abbiamo purtroppo constatato che una buona parte delle richieste di aiuti sono legate ad amministrazioni poco accorte e mal gestite. Padri di famiglia e non che, preoccupati per le instabili condizioni economiche, si affidano a Finanziarie, le quali, con tassi che rasento l’usura, rilasciano prestiti e carte di credito con piani di ammortamento e quote di interessi interminabili.

Molto spesso si avvicinano a noi titolari di attività commerciali che, nel periodo di completo lockdown, hanno dovuto spendere i pochi risparmi accumulati nel tempo, trovandosi con diversi fitti, bollette e imposte varie da pagare. Il compito nostro è stato quello di accoglierli amorevolmente, forti della nostra esperienza lavorativa (nel settore bancario), offrire loro consulenza e incoraggiamento e provare a risolvere del tutto o almeno parzialmente i problemi esposti.

Senza ombra di dubbio, la nostra esperienza di volontariato, in questo anno di pandemia, si è rafforzata ulteriormente rendendoci consapevoli di aver sempre interpretato l’azione amorevole di Dio verso le persone più fragili. La nostra speranza è rivolta a tutti coloro che hanno nel cuore la volontà mai realizzata di rafforzare l’azione del volontariato.

Pierpaolo Obino
Servizio di sostegno economico di Iglesias

La Caritas diocesana di Iglesias piange la scomparsa di Fabia Congia

Con grandissima tristezza e con gratitudine profonda a Dio per il dono della sua vita, la Caritas diocesana di Iglesias rende partecipi che nella notte tra il 28 e il 29 luglio 2021 è stata accolta nella Casa del Padre la cara Fabia Congia.

Con la Caritas Fabia ha dato testimonianza di impegno generoso e molti degli operatori – sia a livello diocesano che regionale – ne ricordano il sorriso e la competenza, a cominciare da quanti l’hanno conosciuta in occasione dell’esperienza impegnativa e duratura di ascolto e accompagnamento in favore delle famiglie terremotate in Abruzzo (in particolare a Barisciano); esperienza che ha prodotto frutti generosi di relazione, amicizia e coinvolgimento di tante persone che oggi piangono la sua prematura partenza (avrebbe compiuto 44 anni il prossimo 2 agosto).

Nel Sulcis-Iglesiente il suo impegno è stato particolarmente apprezzato sia agli inizi del 2000, quando fu costituito il Centro per l’immigrazione dell’allora Provincia di Carbonia Iglesias, divenendone lei stessa coordinatrice, sia – recentemente – nell’ambito della progettazione socio-pastorale della Caritas diocesana di Iglesias.

Sono tanti i motivi che tengono viva la memoria nel segno della gratitudine profonda per il dono della sua vita: uno di questi è il suo credere nel valore della pace e della mediazione nonviolenta, come attesta la sua esperienza di studio che l’ha portata fino in Nepal. La nostra cara Fabia ha combattuto tante buone battaglie fino all’ultimo, fino a quando le forze le hanno permesso di dare tutta sé stessa, con senso di responsabilità e generosità e con un sorriso che continueremo a serbare nel cuore come dono tra i più preziosi.

La Caritas diocesana di Iglesias

Incendi in Sardegna. La diocesi di Iglesias vicina alle comunità colpite

La diocesi di Iglesias, con il suo Vescovo Giovanni Paolo, esprime la propria vicinanza alle popolazioni coinvolte negli incendi di questi giorni, in particolare di sabato 24 e domenica 25 luglio. Ad essere colpita più duramente è la diocesi di Alghero-Bosa, anche se le fiamme hanno messo alla prova anche le comunità diocesane di Ales-Terralba (in particolare l’Alta Marmilla), Lanusei (Arzana), Oristano e in parte Sassari.

I danni più gravi si sono registrati a Cuglieri e Scano di Montiferro. Danni importanti anche a Santu Lussurgiu, Tresnuraghes, Sennariolo e in altre località del territorio. Lo scenario che appare a seguito delle fiamme è spettrale: alberi ridotti in cenere, boschi cresciuti nel tempo e bruciati in poche ore. Ai danni ambientali si aggiungono pure quelli che ricadono sul mondo produttivo, spesso costituito da un arcipelago di realtà familiari già messe a dura prova dalla pandemia, costruite con la fatica di anni di duro lavoro.

Ancora non è possibile effettuare una stima precisa dei danni materiali provocati dagli incendi, che appaiono comunque ingenti: aziende agricole, oleifici, birrifici e altre attività produttive andate in fumo. Sono circa 20mila gli ettari di boschi di leccio, sugherete, oliveti, pascoli e colture varie distrutti in poco tempo, oltre a un grosso quantitativo di bestiame andato perduto con danni economici assai consistenti.

La Chiesa tutta in Sardegna non è rimasta indifferente. I Vescovi, in un comunicato stampa pubblicato lunedì 26 luglio, esprimono vicinanza «alle popolazioni e tristezza nel cuore, [lasciando trasparire] un senso di sgomento infinito nel vedere ancora una volta, a causa degli incendi, la nostra gente soffrire e il nostro territorio bruciare». Gli stessi pastori, oltre ad auspicare che vengano accertate le responsabilità, segnalano quanto «sia decisiva una formazione che, grazie al rispetto della creazione, permetta di custodire il mondo che ci circonda come un giardino, secondo il progetto del Dio creatore». Inoltre, ringraziano «tutti coloro che si stanno adoperando per aiutare le popolazioni colpite: forze dell’ordine e dell’antincendio, forestali e volontari [e incoraggiano] le forze politiche ad affrontare l’emergenza con misure adeguate, scegliendo anche norme legislative che agevolino la prevenzione e scoraggino eventuali attentatori».

La Chiesa diocesana di Alghero-Bosa, in un proprio comunicato stampa, fa riferimento a migliaia di sfollati ed ettari di territorio andati perduti: tante le famiglie «che hanno dovuto abbandonare le loro abitazioni per mettersi in salvo dall’avanzare delle fiamme che, in alcuni casi, hanno completamente distrutto i sacrifici di tutta una vita. Stessa situazione per le aziende agricole e per gli allevamenti di bestiame, inceneriti dal fuoco. Da subito si è messa in moto la macchina degli aiuti volontari che ha contribuito, nell’emergenza, ad offrire sicurezza soprattutto alle persone che si trovavano in situazione di estrema necessità».

Anche la Chiesa diocesana di Iglesias non può restare indifferente e fa appello affinché ognuno faccia la propria parte.

Le collette, personali e comunitarie (anche a livello parrocchiale), potranno essere versate sul seguente conto:

DIOCESI DI IGLESIAS – CARITAS DIOCESANA
Codice IBAN: IT 36 M 01015 43910 000000016779
Causale: “Emergenza incendi Sardegna”

Successivamente, la Caritas diocesana inoltrerà le cifre raccolte alla diocesi di Alghero-Bosa.

Haiti, nel vuoto di potere e di speranza

Per chi ha avuto la dolorosa fortuna di visitare quel Paese e assistere alla sua inesprimibile sofferenza, ogni notizia proveniente da Haiti è come un colpo al cuore. In quel luogo di una bellezza straordinaria convivono allo stesso tempo il sorriso spensierato e l’indolenza della popolazione locale, la povertà più dura e un concentrato di catastrofi naturali, tra uragani e terremoti, e un sistema politico così instabile e corrotto da togliere ogni speranza. Una sorta di ossimoro esistenziale così ben raccontato dal celebre autore haitiano Dany Laferrière, che parla del proprio Paese come di un marchingegno mortale tra paradiso e inferno.

Il terribile terremoto del 2010

Fu il terribile terremoto del 2010, che provocò la morte di oltre 230.000 persone, a far scaturire un’azione di solidarietà internazionale senza precedenti, con un impegno significativo anche da parte della popolazione italiana.

La Conferenza Episcopale Italiana, infatti, promosse una colletta straordinaria pochi giorni dopo il sisma e furono diverse le realtà Caritas, tra quelle diocesane, le Delegazioni regionali e la stessa Caritas Italiana, a rinforzare l’aiuto attraverso fondi e progetti mirati (qui disponibile il reportage delle iniziative, 3 anni dopo il terremoto).

Fece parte di questa rete anche la Delegazione regionale Caritas della Sardegna, la quale scelse di unire tutte le offerte pervenute dalle diocesi sarde in unico progetto regionale. I sardi furono generosi, affidando alla Caritas Italiana 623.509,00 euro: una cifra che consentì alla direzione delle Suore di Maria Ausiliatrice a Croix des Bouquets, periferia della capitale Port-au-Prince (dove sono avvenuti diversi sequestri di persona in questi ultimi mesi) la ricostruzione di una scuola, inaugurata ufficialmente nel marzo del 2013. Dopo il progetto della ricostruzione della scuola, grazie alla generosità della popolazione sarda venne realizzato anche un forno comunitario, in grado di soddisfare la popolazione docente e studentesca della nuova scuola.

Il degrado della capitale

Port-au-Prince è una realtà sociale che vive in un’altra dimensione rispetto al resto del Paese. Con una popolazione di quasi 1 milione di abitanti, considerando anche l’hinterland, ai visitatori impreparati appare come un luogo caotico, in condizioni di precarietà estrema e promiscuità di ogni genere. Città povera e violenta: il giorno prima del mio arrivo per conto della Delegazione regionale Caritas della Sardegna, nel settembre 2016 (qui disponibile la cronaca della visita), nei pressi della cattedrale fu uccisa – e poi derubata – Suor Isabel Sola Macas, originaria di Barcellona; aveva 51 anni e apparteneva alla Congregazione di Gesù e Maria. La vita, a Port-au-Prince, sembrerebbe valere meno di niente: all’epoca della mia visista, ogni giovedì un missionario canadese visitava una discarica nei pressi della città, per cercare i cadaveri di quanti venivano frettolosamente abbandonati tra i rifiuti; il suo obiettivo era semplicemente quello di garantire una degna sepoltura a quei poveri resti umani.

Le Suore salesiane, come molte altre realtà della Chiesa cattolica presenti ad Haiti, sfidano quotidianamente il degrado, l’insicurezza e la disperazione che le varie bidonville presenti nella capitale offrono a vista d’occhio. Sono presenti anche a Cité Soleil, uno dei sobborghi più violenti di Port-au-Prince. Anche loro possono operare grazie alla solidarietà internazionale: aiuti che hanno bisogno di essere accompagnati adeguatamente e che, oltre a realizzare progetti, si spera possano mettere in moto dei processi di reale cambiamento, per non ingenerare una cultura che crei dipendenza.

Una solidarietà globale che, nonostante tutto, non è riuscita a divellere dal profondo le radici contradditorie e problematiche che impediscono ancora oggi, a quella popolazione, di vivere una vita degna di essere vissuta. La pandemia da Covid-19 non ha fatto altro che aggravare le già precarie condizioni di salute della popolazione locale, abbondantemente compromesse da una situazione igienica catastrofica sotto ogni profilo, determinando un ulteriore peggioramento della povertà assoluta.

Il vuoto di potere dopo l’omicidio del presidente della Repubblica

L’assassinio del presidente della Repubblica haitiana, avvenuto nei giorni scorsi, non può che accrescere la complessità di questo quadro caotico, contrassegnato negli ultimi mesi dalle notizie di frequenti sequestri di persona. “Intorno all’una della notte tra il 6 e il 7 luglio 2021 un gruppo di persone non identificate, tra cui alcune che parlavano inglese e spagnolo, ha attaccato la residenza privata del presidente della repubblica, uccidendolo”. Con queste parole il primo ministro haitiano uscente, Claude Joseph, ha dato la notizia dell’uccisione del presidente Jovenel Moïse a Port-au-Prince, 53 anni, e del ferimento di sua moglie, Martine Marie Etienne Joseph, poi trasferita in Florida per le cure necessarie. Nei giorni seguenti le forze di polizia hanno rivelato che il commando che ha ucciso il presidente era composto da 28 mercenari, di cui 26 originari della Colombia e 2 statunitensi (uno dei quali di origini haitiane).

Restano ancora poco chiare le ragioni che hanno determinato quest’azione violenta, tant’è che le spiegazioni oscillano tra l’omicidio politico, nella prospettiva di un colpo di Stato, e un regolamento di conti di matrice criminale tra gang rivali. Di sicuro, come da più parti sottolineano gli esperti di politica internazionale, niente di quanto sta accadendo ad Haiti spinge a essere ottimisti sul futuro di quel Paese.

Di un regolamento di conti parla chiaramente la folta schiera, in seno alla società civile haitiana, di oppositori politici dell’oramai defunto presidente. Le vicende legate allo scandalo riguardante l’importazione di petrolio dal Venezuela, il traffico di droga proveniente dalla Colombia e diretto (tramite Haiti) verso gli Stati Uniti, la corruzione come modus operandi all’interno delle istituzioni e delle forze di polizia, l’imperversare di gang armate dedite ai sequestri e in affari con i narcos; tutto questo, e altro ancora, hanno proiettato un’ombra ingombrante sul mandato presidenziale di Jovenel Moïse, il quale era stato eletto nell’ottobre del 2015 ma l’esito era stato annullato per presunte irregolarità, per poi essere comunque eletto l’anno seguente.

Ora, dopo la sua morte violenta, la paura di un vuoto improvviso di potere getta ancora di più nel caos questo sfortunato Paese. La sua popolazione merita certamente un destino diverso da quello cui si assiste da troppo tempo. Un destino doloroso e non del tutto spiegabile, come ha scritto il già citato Dany Laferrière: “tutte le mattine ci si imbatte in nuovi morti ammazzati (il sangue caldo ha un odore che non si scorda più) nelle viuzze anguste e fangose. E le notti sono scandite da urla e colpi d’arma da fuoco, e l’indomani viene annunciato un nuovo capo che ricomincia con le stesse promesse”.

Raffaele Callia

50° di Caritas Italiana. Le testimonianze della delegazione della diocesi di Iglesias

Tra le 218 Caritas diocesane presenti a Roma, con le proprie piccole delegazioni, per le celebrazioni del giubileo della Caritas Italiana, vi era anche quella di Iglesias. Oltre al direttore della Caritas diocesana, a rappresentare l’équipe iglesiente erano presenti anche quattro operatrici. Dal loro racconto si colgono la ricchezza delle riflessioni proposte dal cardinale Tagle, dal presidente di Caritas Italiana e alcune tessere del composito mosaico delle esperienze maturate nel territorio nazionale, compresa quella sarda.

 

“L’Amore è un modo di agire (di Sara Concas)

Nei pressi della sede storica di Caritas Italiana (in Viale Baldelli), nella Basilica di San Paolo fuori le mura, venerdì pomeriggio si è tenuto un momento di preghiera come inizio delle celebrazioni per il 50° anniversario della nascita di Caritas Italiana, guidato dall’attuale presidente Mons. Carlo Roberto Maria Redaelli e dal Cardinale Luis Antonio Tagle, presidente di Caritas Internationalis. Partendo dall’Inno alla carità di san Paolo, Tagle ha ricordato l’importanza del dono e del servizio. Sono tre i punti sui quali il cardinal Tagle chiede di orientare (e continuare) il nostro servizio: lavorare per il bene comune: i doni dello Spirito non devono diventare un’occasione per sentirsi superiori agli altri o per realizzare i propri interessi personali. Essi, infatti, non sono conquiste o proprietà, ma devono essere messi a frutto per il bene comune. Il dono è più prezioso del profitto. Per esporre il secondo punto Mons. Tagle ci ha raccontato la storia di un’operatrice di Caritas Libano: un giorno, in Siria, mentre andava a un convegno in taxi si vide rifiutato il compenso della corsa dal guidatore. Non voleva prender soldi dalla Caritas, le disse. Alla richiesta di spiegazioni, perché la donna non si era presentata come operatrice della Caritas, il tassista le rispose che tre anni prima era in un centro di detenzione perché irregolare. Stava male, nessuno gli dava le medicine. Gliele diede proprio quella donna e lui per la prima volta quella notte dormì e il suo volto gli rimase impresso. Per quello l’aveva riconosciuta e voleva esprimere come poteva la sua riconoscenza. Infine – terzo punto – Mons. Tagle ha invitato alla sensibilità, quella che deriva dall’Amore e che ci rende “pazienti e comprensivi, rispettosi e umili” nei confronti di chi soffre. “La sofferenza ci rende fratelli”, aggiunge il Cardinale Tagle, ricordando anche i tanti operatori della Caritas che si sono prodigati in tempo di pandemia da Covid-19, periodo nel quale la testimonianza d’amore non è venuta meno ma si è adattata al nuovo tempo e a nuovi bisogni.

 

 

“Cuore e Vangelo” (di Aurora Filippi)

Sabato 26 giugno 2021 presso l’aula Paolo VI in Vaticano, 226 Diocesi italiane si sono radunate, spinte da un unico obiettivo, ossia, l’amore verso il prossimo, tramite l’ascolto, l’accoglienza e l’aiuto. Sono state proposte 16 testimonianze di vita, dai vari contesti regionali, da Nord a Sud. Tutte meravigliose, così come l’esperienza di Alli Adesola Adewale (della Caritas di Gaeta), il quale da un’esperienza lavorativa negativa è riuscito, grazie alla Caritas, a rialzarsi e ora sa che: “se mantiene viva la speranza, le cose belle accadono”. La seconda esperienza molto particolare e toccante è stata quella di Maria Agata Antonucci, della Caritas dell’Aquila. Si tratta della tragedia avvenuta la notte del 6 aprile 2009, in cui diverse persone hanno vissuto l’esperienza del terremoto. Esperienza che resterà per sempre impressa nella loro mente e nella memoria di amici, parenti che purtroppo quella notte o di lì a poco persero i loro cari. Molti di loro proprio in quella circostanza hanno scoperto la Caritas. Da quel momento per loro è iniziato un nuovo cammino, una nuova fonte di speranza e fiducia, un legame verso gli operatori che hanno aiutato coloro che in 32 secondi hanno perso tutto, lasciando solo le lacrime a spezzare quel silenzio assordante. Un’altra bella testimonianza è stata quella di Valentina Distefano, della Caritas di Ragusa. Dal suo racconto è emersa l’idea di carità, amore, ascolto, testimonianza del Vangelo e accoglienza. Un racconto fatto di nomi: Cettina, Concetta, Ferial, Vita, Arturo, Karol, Marcello, Natale. Il vero spirito della Caritas è far sentire le persone a casa loro, in famiglia. L’équipe conosce la loro storia, le patologie, le loro fragilità e risorse. Per loro diventa un luogo sicuro; una casa a 360°, un luogo dove non esistono giudizi e distinzioni, una casa dove si è tutti uguali. Niente di tutto ciò che abbiamo ascoltato in questi 2 giorni potrà funzionare senza un cuore sincero; ed è questo che un operatore Caritas deve tenere sempre presente: cuore e Vangelo.

 

“Caritas è accoglienza” (di Aurora Fonnesu)

Tra le esperienze raccontate dalle Caritas diocesane d’Italia, in attesa dell’udienza col Papa, quelle che mi hanno colpita maggiormente sono due. Esse, a mio parere, rappresentano alcuni dei pilastri della Caritas e racchiudono anche le tre vie indicateci dal Santo Padre (della carità, del Vangelo e della creatività): lo stile della carità raccontatoci dalla delegazione Liguria e l’innovazione della delegazione dell’Emilia Romagna. Dalla Caritas di Ventimiglia-Sanremo abbiamo appreso come l’accoglienza e l’ascolto degli stranieri, in transito verso la Francia, sia diventata un’occasione di arricchimento e scambio per tutta la comunità; inoltre abbiamo imparato come la collaborazione con associazioni e volontari abbia dato frutto all’accoglienza di 13.000 persone. Un’esperienza durata oltre un anno, in cui persone di fedi diverse si sono incontrate e messe a disposizione per accogliere il fratello e la sorella in difficoltà e aiutarli a recuperare la dignità che in alcuni casi avevano perduto. È stato per loro: “un dono che ci obbliga a vivere la nostra fede in Cristo nell’incontro incondizionato con l’altro che bussa alla nostra porta”. L’innovazione, per come presentata dalla Delegazione dell’Emilia Romagna, prende ispirazione sia dalle circostanze vissute nel territorio che dalla Parola del Signore. Si sono lasciati ispirare dal racconto dell’accoglienza che Abramo e Sara offrono a tre viandanti, alle Querce di Mamre, per dare risposta all’emergenza abitativa che colpiva le persone più fragili, anche durante la pandemia. Da qui nasce l’idea di affittare una struttura alberghiera e trasformarla nella locanda della comunità, la “Locanda tre Angeli”. Questa testimonianza è un invito offerto a tutti per riflettere: su quale accoglienza offriamo a chi arriva all’improvviso, ospite inatteso, “nell’ora più fredda del giorno”; su quali desideri portiamo nel cuore mentre accogliamo chi non aspettavamo. Infine, su quale “buona notizia” attendiamo.

 

“Insieme per la terra” (di Emanuela Frau)

Nelle parole di Andrea Marcello, operatore della Caritas diocesana di Cagliari, emerge come dall’esperienza delle Caritas diocesane della Sardegna l’attenzione e la cura nei confronti dell’ambiente vengano affrontate con sempre maggior convinzione nelle tante occasioni di riflessione sui temi della salvaguardia del creato e dell’impatto ambientale; tematiche già incisivamente sostenute da Papa Francesco, nella enciclica Laudato si’. Cogliendo il suo invito ad essere fratelli di una Chiesa in uscita, nello svolgimento quotidiano del proprio servizio, gli operatori delle Caritas sarde si dicono consapevoli della necessità di aprirsi agli altri, condividendo insieme la stessa cura per la casa comune, fonte dei prodotti alimentari, e la promozione di uno sviluppo sostenibile delle comunità, inteso sia economicamente che ecologicamente.  All’indomani della 48esima Settimana Sociale dei Cattolici Italiani (2017), sul tema Il lavoro che vogliamo, libero, creativo, partecipativo e solidale, è nata nella diocesi di Cagliari l’Impresa Sociale “Lavoro Insieme”. Con l’obiettivo di sostenere persone e territori particolarmente fragili, la nuova impresa ha voluto avviare il “Progetto Gerrei”, fortemente motivata a potenziare i prodotti tipici locali, “recuperare terreni abbandonati, favorire l’occupazione di fasce deboli e remunerare in maniera equa il lavoro di tutte le componenti della filiera stessa”. Un altro esempio di concreta tutela del territorio è espresso attraverso la realizzazione  dell’idea di “Terre Ritrovate”, un’intuizione di e-commerce etico per  valorizzare le buone prassi ancora presenti e per avvicinare produttori e consumatori. Nella stessa prospettiva di creare un’economia sostenibile, basata su un lavoro libero e dignitoso, si inserisce la riflessione di buona parte della società civile sarda (e non solo) che da anni si batte per una riconversione delle produzioni belliche, in particolare nel Sulcis-Iglesiente. Alcuni progetti di “Orti sociali” e “Orti solidali di comunità”, avviati negli ultimi anni in diverse diocesi sarde (compreso ad Iglesias), hanno coinvolto, in attività agricole, numerose persone e nuclei familiari in condizioni di fragilità, consentendo loro di condividere momenti di fraterni e di sentirsi attivi protagonisti nell’azione di custodia del creato.