Conoscere per prendersi cura. Alcuni spunti di riflessione a partire dai Rapporti Caritas

L’importanza di osservare e fare discernimento per prendersi cura

Nel suo essere coscienza educativa di una carità collegata alla giustizia e alla pace, la Caritas avverte la necessità di sensibilizzare e responsabilizzare singoli e comunità, mettendo a disposizione strumenti utili per leggere e comprendere con competenza umana e con criteri di fede le necessità e i bisogni delle persone, con particolare attenzione alle situazioni di povertà.

Hanno anche  questo obiettivo i rapporti che a vari livelli, nazionale, regionale e diocesano, vengono  elaborati annualmente dalla Caritas e diffusi, non a caso, in prossimità della “Giornata mondiale dei poveri”.

Il  rapporto di Caritas Italiana, “Gli anticorpi della solidarietà”, cerca di restituire una fotografia dei gravi effetti economici e sociali dell’attuale crisi sanitaria legata alla pandemia da Covid-19. Fin dai primi giorni dell’emergenza, di fronte alle sfide drammatiche e le forti criticità, Caritas Italiana e le Caritas diocesane hanno continuato a stare accanto agli ultimi e alle persone in difficoltà, spesso in forme nuove e adattate alle necessità contingenti. Tra i beneficiari circa il 30% è rappresentato dai cosiddetti “nuovi poveri”, che per la prima volta hanno sperimentato condizioni di disagio e di deprivazione economica tali da dover chiedere aiuto: i disoccupati, le persone con impiego irregolare fermo a causa delle restrizioni imposte dal confinamento, i lavoratori dipendenti in attesa della cassa integrazione ordinaria o in deroga e i lavoratori precari o intermittenti che, al momento della presa in carico, non godevano di ammortizzatori sociali. Accanto ai problemi dovuti alla fragilità economica sono comparsi anche fenomeni nuovi: le difficoltà di alcune famiglie rispetto alla didattica a distanza, manifestate nell’impossibilità di poter accedere alla strumentazione adeguata (tablet, pc, connessioni ad internet), aumento durante il lockdown del “disagio psicologico-relazionale”, di problemi connessi alla “solitudine” e di forme depressive, un accentuarsi delle problematiche familiari, in termini di conflittualità di coppia, violenza, difficoltà di accudimento di bambini piccoli o di familiari colpiti dalla disabilità, conflittualità genitori-figli. Preoccupa, infine, anche il fenomeno della “rinuncia o il rinvio di cure e assistenza sanitaria”, determinato dal blocco dell’assistenza specialistica ordinaria e di prevenzione che potrebbe determinare in futuro un effetto di onda lunga sul piano del carico assistenziale e del profilo epidemiologico del nostro Paese.

Il Report 2020 su povertà ed esclusione sociale della Caritas della Sardegna, oltre a confermare il trend evidenziato a livello nazionale, si è soffermato sulla cosiddetta “povertà di salute”. Delle 6.876 persone transitate nel 2019 nei Centri di ascolto delle Caritas sarde 890 (12,0%) hanno manifestato bisogni direttamente riconducibili alla sfera sanitaria; quelli prevalenti riguardano in modo ampio la sfera delle fragilità psichiche e della salute mentale. Se oltre alla voce “depressione” si contemplano anche le voci “malattie mentali”, “disturbi alimentari” e “demenza”, la somma di tali bisogni copre oltre i due quinti del totale dei bisogni sanitari (43,4%). Le richieste più frequenti riguardano prevalentemente i farmaci ed aiuti per effettuare visite mediche, analisi ed esami clinici, nonché per interventi chirurgici. Le progettualità messe in campo dalla Caritas per fronteggiare le problematiche di salute hanno sempre previsto, oltre all’ascolto e all’orientamento, anche una presa in carico con un preciso stile di accompagnamento e prossimità, unitamente all’osservazione critica di particolari lacune nel sistema della salute pubblica, mettendo così in luce le mancanze e le non poche strozzature che impediscono il pieno rispetto dei diritti di salute e che risultano, pertanto, lesive della dignità umana. I presidi ospedalieri che spariscono, gli organici ridotti ai minimi termini e in costante condizione di stress, il numero insufficiente di terapie intensive, le attese infinite per le visite specialistiche, i costi proibitivi di farmaci ed esami diagnostici: tutto ciò rischia di cancellare progressivamente molte garanzie acquisite nel corso di decenni di politiche concernenti la salute pubblica, mettendo in discussione il dettato costituzionale, laddove, all’art. 32, obbliga la Repubblica a tutelare «la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività [garantendo] cure gratuite agli indigenti».

Il report diocesano, il secondo prodotto dal gruppo di lavoro dell’Osservatorio delle Povertà e delle Risorse, analizza i dati del 2019 (confrontandoli con quelli dei due anni precedenti) raccolti dai Centri di ascolto presenti nella Diocesi di Iglesias, in particolare nelle città di Iglesias, Carbonia, Sant’Antioco, Santadi, Buggerru-Fluminimaggiore e presso il Centro di ascolto per stranieri. Emerge una fotografia del territorio con problematiche in linea con quelle evidenziate a livello regionale e nazionale in termini di criticità e di bisogni, con una forte accentuazione dei bisogni legati alla casa e alla salute. In un periodo di grande difficoltà come quello che stiamo vivendo, gli interventi dei volontari mirano, oltre che a dare risposte ai bisogni più immediati, anche a favorire una presa in carico della persona e ad un suo accompagnamento verso il raggiungimento di obiettivi di promozione personale e familiare che facilitino un percorso di autonomia e di inserimento sociale. Nel rapporto è presente un approfondimento che riguarda i grandi cambiamenti che si sono avuti negli ultimi anni in Italia sul sistema di Welfare, con particolare riferimento alle diverse misure di sostegno al reddito messe in campo a livello nazionale e regionale, dal Reis della Regione Sardegna, al SIA e al Rei per arrivare al Reddito e alla Pensione di Cittadinanza a livello nazionale. Proprio al riguardo del Reddito di Cittadinanza sono state raccolte le osservazioni di alcuni “testimoni privilegiati: un parroco della Diocesi, un’équipe dei Servizi Sociali comunali e un beneficiario del Reddito di Cittadinanza. Tutto ciò con l’obiettivo di cogliere, dal punto di vista di ciascuno, i pregi e le criticità della misura e il suo reale impatto sulla vita delle persone e delle comunità.

Un elemento positivo da sottolineare è quello relativo alla grande partecipazione e solidarietà espressa in questo tempo da tutto il Paese. Sono fiorite moltissime iniziative a supporto dei più fragili (da parte di aziende, enti, negozi, supermercati, famiglie, singoli cittadini) e molte delle azioni Caritas risultano attivate anche in forma coordinata e sinergica con altri attori del territorio: amministrazioni locali, parrocchie, associazioni/enti non ecclesiali, Protezione civile, altri enti di natura ecclesiale. Accanto all’impegno degli operatori, prezioso è stato l’apporto dei volontari, molti dei quali giovani, che nella fase più critica dell’emergenza hanno favorito la continuità dei servizi, in sostituzione delle persone over 65 rimaste a casa in via precauzionale.

Maria Marongiu

La IV Giornata mondiale dei poveri nella Diocesi di Iglesias

Logo della IV Giornata mondiale dei poveri

Le indicazioni del Vescovo di Iglesias, Giovanni Paolo Zedda, per vivere personalmente e comunitariamente la IV Giornata Mondiale dei Poveri nelle parrocchie

Domenica 15 novembre 2020, XXXIII domenica del Tempo Ordinario, anche la nostra Chiesa diocesana è chiamata a celebrare la quarta Giornata mondiale dei poveri, guidata dal messaggio del Papa dal titolo “Tendi la tua mano al povero” (Sir 7,32).

A differenza degli anni precedenti, a motivo della particolare situazione sanitaria che stiamo vivendo, non sarà possibile organizzare eventi in presenza, quali momenti di confronto pubblico, incontri di animazione e formazione nelle scuole e nelle parrocchie.

Rimane in ogni caso valida e incoraggiata la proposta di invitare i fedeli a leggere e meditare il messaggio del Papa per la Giornata, così come resta raccomandata l’opportunità di organizzare una veglia di preghiera a livello parrocchiale, nel rispetto delle norme vigenti, ed inserire apposite intenzioni di preghiera per le celebrazioni eucaristiche di domenica 15 p.v.

Ricordo che il nostro giornale diocesano, nel numero in uscita, ha dedicato un ampio spazio al tema della Giornata mondiale, approfondendo in particolare gli argomenti proposti dalla Delegazione regionale Caritas Sardegna in occasione dell’uscita del Report 2020 su povertà ed esclusione sociale e del Rapporto annuale su attività, progetti ed esperienze formative, messe in opera dalle Caritas diocesane nel 2019 e 2020.

Per quanto possibile, si condivida il messaggio del Santo Padre Francesco proposto per l’occasione e si viluppi una particolare attenzione a questi temi durante le celebrazioni eucaristiche. Inoltre, chiedo che vengano contemplate delle specifiche intenzioni nella preghiera dei fedeli, di cui si propone come esempio un formulario (unitamente alla traccia della veglia).

Anche in questo tempo di prova, dovuto alla pandemia, sentiamo tutti l’urgenza di sviluppare una maggiore consapevolezza cristiana sui poveri e sulle povertà, anzitutto attraverso l’incontro quotidiano con quanti, con la propria debolezza e fragilità, esprimono il volto del Signore Gesù.

Facendo nostre le parole del Santo Padre Francesco, raccomando che si viva al meglio questa Giornata Mondiale, anche nella dimensione complessa e inattesa della pandemia: «Questa pandemia – ci ricorda il Papa –  è giunta all’improvviso e ci ha colto impreparati, lasciando un grande senso di disorientamento e impotenza. La mano tesa verso il povero, tuttavia, non è giunta improvvisa. Essa, piuttosto, offre la testimonianza di come ci si prepara a riconoscere il povero per sostenerlo nel tempo della necessità».
Iglesias, 11 novembre 2020

+ Giovanni Paolo Zedda

(Messaggio del Santo Padre Francesco, in occasione della IV Giornata mondiale dei poveri)

La Delegazione regionale Caritas pubblica on line il Report 2020 su povertà ed esclusione sociale e il Rapporto annuale 2019-2020

Un particolare del logo della “Giornata mondiale dei poveri”

Lunedì 9 novembre 2020, in vista della Quarta Giornata mondiale dei Poveri indetta da Papa Francesco, la Delegazione regionale Caritas ha pubblicato on line il Report 2020 su povertà ed esclusione sociale dall’osservazione delle Caritas della Sardegna e il Rapporto annuale della Delegazione. Attività, progetti ed esperienze formative 2019-2020.

In considerazione della situazione epidemiologica da Covid-19, la presentazione dei Rapporti non è avvvenuta, come di consuetudine, in presenza.

«É vivo desiderio della Chiesa – scrive Mons. Giovanni Paolo Zedda, Vescovo delegato della CES per il Servizio della Carità, nella sua presentazione – che questi due Rapporti siano utili anzitutto alle stesse Caritas diocesane per comprendere meglio la realtà attuale in cui sono chiamate ad operare. La Chiesa si augura che essi contribuiscano ad animare l’intera comunità cristiana nell’accoglienza e nell’accompagnamento di ogni fratello, a partire dagli “ultimi”. Ma è anche auspicabile che stimolino l’azione delle istituzioni civili per una sempre più adeguata legislazione a contrasto delle povertà e dei bisogni che impediscono a tanti la piena realizzazione di sé». (Scarica la presentazione di Mons. Zedda)

Nel Report 2020 su povertà ed esclusione sociale vengono esaminate le problematiche emergenti relative alla povertà e ai bisogni rilevati sul territorio regionale nel 2019, sulla base dei dati forniti dai Centri d’ascolto delle Caritas diocesane della Sardegna, strumenti privilegiati di incontro e osservazione del disagio. Inoltre, vengono presi in considerazione i primi effetti sociali della pandemia da Covid-19 ancora in corso, con un importante approfondimento tematico su “povertà e salute” in Sardegna.

Scarica la versione integrale del Report 2020 su povertà ed esclusione sociale
Scarica la sintesi per i media del Report 2020 su povertà ed esclusione sociale

Oltre a ciò, per la seconda volta, oltre all’analisi delle povertà, anche quest’anno verrà fornita in simultanea la descrizione di alcune risposte progettuali proposte dalle Caritas diocesane dell’Isola, in particolare sul tema salute, avviate o proseguite nel corso dello stesso anno, attraverso il Rapporto annuale della Delegazione. Attività, progetti ed esperienze formative 2019-2020. All’interno di quest’ultimo sono inclusi l’inserto sulla Terza Giornata mondiale dei poveri e quello intitolato L’impegno delle Caritas della Sardegna al tempo del Covid-19.

Scarica la versione integrale del Rapporto annuale 2019-20
Scarica l’inserto sulla Terza Giornata Mondiale dei Poveri

Scarica la sintesi per i media del Rapporto annuale 2019-20
Scarica l’inserto “L’impegno delle Caritas della Sardegna al tempo del Covid-19”

Annunciare il Vangelo della carità nell’emergenza

Un’immagine del Convegno regionale Caritas del 2019

Il 23 maggio scorso si sarebbe dovuto tenere l’XI Convegno regionale delle Caritas parrocchiali. L’emergenza sanitaria, per ragioni di sicurezza, ha obbligato a rinunciare a questo evento. In quest’articolo il delegato regionale della Caritas propone alcune riflessioni in proposito.

Il 25 maggio dello scorso anno le Caritas parrocchiali della Sardegna si ritrovarono a Mogoro, in occasione del X Convegno regionale, per riflettere sul tema “Una testimonianza d’Amore che evangelizza”. Il tema scelto poneva al centro – e continua a farlo ancora oggi – la necessità di coniugare la testimonianza della Carità con l’annuncio del Vangelo. Il leitmotiv dei vari interventi e delle stesse testimonianze richiamarono tutti sul pericolo di rimanere schiacciati sull’attivismo e sul “fare affannoso”, perdendo di vista il compito essenziale per ogni credente, vale a dire essere annunciatori autentici e testimoni credibili del Vangelo. ​

Ci lasciammo con queste suggestioni che equivalevano a un ben preciso impegno per il proseguo del cammino, con l’auspicio di ritrovarci l’anno successivo, da qualche parte della Sardegna, per celebrare l’XI Convegno regionale, con un nuovo tema e con un rinnovato entusiasmo.

​Inaspettata, sconvolgente e colma di tante inquietudini è invece giunta la pandemia, con tutto ciò che ne è derivato per i nostri servizi caritativi, per le Caritas diocesane e parrocchiali, per i tanti volontari costretti per questioni d’età o per ragioni di salute a fare un passo indietro nel servizio operativo, ma comunque presenti e partecipi, a cominciare dalla preghiera.

Di fronte a tutto ciò, per eminenti ragioni di sicurezza si è deciso di annullare il preventivato XI Convegno regionale, che avrebbe dovuto celebrarsi sabato 23 maggio 2020. Di comune accordo con tutte e dieci le Caritas diocesane della Sardegna e con il Vescovo delegato, si è comunque voluto offrire alle Caritas parrocchiali un segno di vicinanza e di attenzione, rendendole partecipi – attraverso un foglio informativo intitolato “ImpegnoCaritas”, consultabile attraverso il portale regionale www.caritassardegna.it – di uno spaccato rappresentativo di quanto è stato fatto nelle diverse Diocesi della Sardegna in questo tempo di emergenza, spesso anche grazie al protagonismo delle stesse Parrocchie. Questo strumento – ne siamo consapevoli – non può certamente essere paragonato a un Convegno, per tutto ciò che tradizionalmente lo connota: la gioia del ritrovarsi, la bellezza di un saluto e di un abbraccio, la ricchezza di un confronto personale e immediato per quanto viene offerto dai vari contributi. Tuttavia, riteniamo che anche questo foglio informativo possa almeno favorire una vicinanza affettiva in questo tempo di distanziamento forzato e di rinuncia.

​Lo scorso anno, citando le parole del Papa nell’introduzione al Convegno regionale, segnalammo come una Chiesa in cammino debba sempre poggiare su tre elementi essenziali: “l’umiltà dell’ascolto, il carisma dell’insieme, il coraggio della rinuncia”. Una Chiesa in cui, messa da parte “la tentazione dell’efficientismo”, non manchi mai il segno tangibile della testimonianza dell’amore di Dio.

​Credo che, nel piccolo, le storie raccontate in questo foglio informativo confermino questo sforzo umile e generoso.

Raffaele Callia

L’importanza di fare volontariato durante l’emergenza: l’esperienza di due giovani volontarie

Disegno realizzato da Gloria Mura

Condividiamo la testimonianza di Sara Concas e Gloria Mura, due volontarie della Caritas diocesana, rispettivamente presso il Centro di ascolto “Marta e Maria” e la Casa di prima accoglienza “Santo Stefano”. Nel 2017 Sara e Gloria sono state selezionate, insieme ad altre ragazze e ragazzi, per svolgere il Servizio Civile nella Caritas diocesana di Iglesias, nelle stesse “opere segno” in cui – terminato l’anno di Servizio Civile – hanno voluto continuare a donare generosamente il proprio tempo; anche nei giorni più difficili dell’emergenza sanitaria, durante i quali per ragioni di sicurezza è venuto meno l’apporto di non pochi volontari di una certa età o con particolari esigenze di salute. La testimonianza di Sara e Gloria ci pone di fronte, in modo limpido, al valore della gratuità disinteressata e ci racconta un mondo giovanile fatto di tanto impegno ed entusiasmo, con una spiccata vocazione all’amore verso il prossimo.

Da quando è scattato l’allarme per l’emergenza sanitaria abbiamo continuato regolarmente il nostro turno settimanale di volontariato. Con molta onestà non neghiamo che all’inizio fossimo preoccupate per la situazione che si era venuta a creare. Tuttavia, con l’andare del tempo ci siamo armate di coraggio scrollandoci di dosso la paura – che altro non è che una pessima consigliera – e con la giusta lucidità abbiamo continuato imperterrite a fare quello che abbiamo sempre fatto: il nostro dovere, il bene per il prossimo.

Sebbene con due orientamenti professionali diversi siamo unite dall’essere volontarie, nell’unico obiettivo di contribuire alla crescita di una società migliore. Nella diversità che ci caratterizza riusciamo a cogliere quanto di buono c’è in noi e nelle persone che ci stanno accanto.

Ora più che mai il termine “volontariato” assume un concetto ancora più importante, denso e colmo di significato. Ogni occasione dovrebbe essere giusta per fare del bene, a prescindere da tutto, affinché nessuno venga lasciato indietro e solo.

Chi tiene a mente il significato della parola empatia, capisce a cosa ci riferiamo: vedere, captare e cogliere negli occhi dell’altro e nell’animo umano, la ricerca di aiuto.

Avvicinarsi al mondo del volontariato è un gesto di nobiltà d’animo, una scelta che nasce dal profondo del proprio cuore. Un po’ si nasce con lo spirito del volontario. Ma crediamo sia una dote che si possa coltivare e sviluppare nel tempo, attraverso l’insegnamento che ci viene dato, le esperienze di vita o semplicemente il farsi trasportare dalla voglia di fare del bene. Il volontariato è senza dubbio un grande atto d’amore, di altruismo e di generosità.

Fare qualcosa di concreto per il prossimo crea uno scopo, un obiettivo da raggiungere, una missione. Si tratta essenzialmente di restituire dignità alle persone in difficoltà. Utilizziamo la parola “restituire” perché, quando le persone si ritrovano in qualche modo costrette a dover chiedere aiuto perché non sanno come andare avanti, è come se quest’azione comportasse loro la perdita della propria dignità.

In verità non dovrebbe esserci nessuna vergogna nel chiedere aiuto. Anzi, chiunque potrebbe ritrovarsi in circostanze analoghe: alcune volte determinate da alcuni errori commessi in passato, ma tante altre volte per ragioni non volute. Ci riferiamo alla perdita del lavoro, della casa, ad un allontanamento forzato dalla propria famiglia; il non avere un posto per dormire, un piatto per mangiare, un disagio economico, la difficoltà a fare la spesa. Insomma, un mondo di problemi ognuno diverso dall’altro.

È in queste circostanze che entra in soccorso la figura del volontario. Una figura che deve essere in grado di accogliere senza condizioni: conoscere, non giudicare ma provare a stabilire una vicinanza fondata sull’empatia.

È molto importante avere una spiccata sensibilità per fare il volontario, ma allo stesso tempo, per agire nella maniera più efficace, è ugualmente importante non farsi trasportare troppo dalle emozioni, proprio perché queste potrebbero condizionare il percorso di aiuto. Il nostro compito è sì aiutare, ma aiutare senza sostituirci all’altro o, peggio ancora, facendo dipendere l’altro dalla nostra assistenza (assistenzialismo). Ecco perché è importante che non si stabilisca mai una dipendenza dal chiedere aiuto. Il nostro intento è quello di arrivare al cuore del problema e tramite il coinvolgimento di una rete sociale puntare sulle potenzialità che la persona potrebbe sviluppare ed offrire per riprendere in mano la propria vita, riconquistando la dignità.

La formazione che ci ha accompagnate durante il Servizio Civile è stata fondamentale, così da vivere e scegliere il volontariato come compagno di vita. È stato un anno di svolta e di cambiamento per la formazione e crescita personale, in cui prendere coscienza delle tante realtà che ci circondano, facendoci capire quanto siamo fortunati e quanto ci lamentiamo per motivi superflui e di poco conto; rispetto a chi non ha nulla e ha perso tutto, perfino i propri affetti, restando solo e dimenticato da tutti.

All’inizio, ritrovarsi a fare esperienza sul campo non è stato facile. Forse perché certe situazioni da vicino non le avevamo mai toccate con mano e quindi vissute in prima persona. Ma forse è stata proprio questa voglia di fare del bene e dare il proprio contributo che ha prevalso su tutto ed è stato il motore che ci ha spinto a vivere ed imparare fino in fondo da questa “scuola di vita”.

Siamo state in contatto con persone che al di fuori del Centro di ascolto e della Casa di accoglienza non avremmo mai avuto l’opportunità di conoscere: storie di immigrati in cerca di un futuro migliore, di detenuti in permessi premio, di persone che da un giorno all’altro hanno perso il lavoro, persone che non avevano più rapporti con la propria famiglia e non avevano un posto dove stare, qualcuno che ascoltasse la loro sofferenza.

Ogni persona incontrata ci ha insegnato qualcosa ed è grazie a loro che abbiamo acquisito più consapevolezza riguardo all’importanza di aiutare, sostenere e supportare il prossimo. Quella del volontariato è l’occasione giusta per diventare, insieme al prossimo, delle persone migliori. Infatti, è mentre stai aiutando l’altro che ti accorgi che in realtà quell’aiuto lo stai ricevendo proprio tu.

Da giovani volontarie vogliamo fare un appello alle giovani generazioni presenti e future affinché possano avvicinarsi al mondo del volontariato. Un mondo tutto da scoprire. Cogliete l’occasione di questa proposta come una scuola di vita, un’esperienza di cittadinanza attiva, un’opportunità per essere consapevoli delle tante realtà di disagio, per poter aiutare, imparare e crescere per diventare uomini e donne più coscienziosi e consapevoli del mondo attorno a noi. La parte più bella è il legame che si crea con le persone, lo scambio di un sorriso e semplicemente il fatto di esserci. Poter strappare un sorriso al prossimo non ha prezzo, perché oltre l’aiuto materiale è altrettanto importante anche l’aiuto morale, quello che proviene dal cuore.

Vogliamo completare la nostra testimonianza con un omaggio al mondo del volontariato. Un disegno in cui la solidarietà assume la forma di una stretta di mani, in cui il volontario, il braccio verde, colore simbolo della speranza, trasmette fiducia e protezione per un mondo migliore alla persona che chiede aiuto col braccio di colore rosso. Le mani sono unite ma allo stesso tempo distanziate dalla presenza dei guanti bianchi simbolo della lotta contro il coronavirus. Non a caso i colori utilizzati sono quelli della bandiera italiana, come segno di vicinanza a tutti gli italiani, a tutti gli operatori socio-sanitari che operano in prima linea negli ospedali, a tutti i volontari impegnati nella lotta al coronavirus, a tutti i commercianti che in questo momento hanno ripreso il proprio lavoro e ha chi l’ha perso a causa di questa emergenza. Questo disegno vuole essere un messaggio di speranza, perché siamo certe che tutti insieme, attraverso la prudenza, il buon senso e la fede, distanti ma uniti ce la faremo.

A cura di Sara Concas e Gloria Mura

La raccolta dei punti vendita di Iglesias del gruppo Superemme Spa donata all’Emporio della Solidarietà

Dal 2 aprile all’11 maggio, su iniziativa del gruppo imprenditoriale Superemme Spa, che ha visto coinvolti i punti vendita Iperpan, Superpan e Hardis, è stato possibile realizzare delle collette di prodotti di prima necessità grazie alla generosità dei tanti clienti che, col loro gesto, hanno voluto dare una mano alle famiglie in difficoltà del territorio, molte delle quali alle prese con tanti bisogni accresciuti anche a causa di questo periodo di emergenza sanitaria.

Grazie a tale iniziativa, l’Emporio della Solidarietà di Iglesias, all’interno del quale sono stati depositati i prodotti raccolti presso i citati punti vendita della città, ha potuto dare una risposta alle esigenze – principalmente alimentari – di un maggior numero di persone che ad esso si sono rivolte.

La proficua collaborazione tra gli addetti dei supermercati e gli operatori della Caritas ha permesso di rendere fin da subito accessibili, nei locali dell’Emporio, i beni frutto della generosità di tanti cittadini che hanno aderito alla proposta solidale, dimostrando vicinanza alle persone maggiormente colpite dall’inedita situazione emergenziale. Tra i prodotti raccolti: pasta, riso, zucchero, olio di semi di girasole, olio extravergine d’oliva, caffè, latte, tonno, fette biscottate, sale fino, sale grosso, farina, omogeneizzati, pomodori pelati, polpa di pomodoro, passata di pomodoro, carne in scatola, legumi, legumi secchi, sardine all’olio d’oliva, colombe pasquali, dadi per minestre, dolciumi vari, succhi di frutta, polenta, olive in vetro, maionese in tubetto, tè, sgombri, scatolette di formaggini, carta igienica,  schampoo, bagnoschiuma, detersivo per pavimenti, detersivo per i piatti, asciugatutto, pannolini di varie misure, salviette per bambini e altri prodotti per l’igiene.

A nome dei beneficiari, la Caritas diocesana di Iglesias esprime la propria gratitudine ai clienti, ai punti vendita e al gruppo Superemme Spa che ha promosso l’iniziativa.

La Caritas diocesana di Iglesias

Ascoltare e prendersi cura delle fragilità dei giovani: la storia di Rachele

Quando non hai punti di riferimento e il contesto familiare è fragile ti senti persa nel vuoto. Un disguido economico può capitare a tutti, così come un momento di bisogno per il quale ritieni di doverti rivolgere al Centro d’ascolto della Caritas. È così che vieni sostenuta e scopri che quell’istante si rivela un momento di apertura e di svolta per la tua vita.

Questa è la storia di una giovane ragazza, Rachele (un nome di fantasia), che ha riscoperto sé stessa e quanto di buono c’è in lei, anche grazie all’aiuto di un buon ascolto. La ragazza, ascolto dopo ascolto, passo dopo passo, entrando in relazione con le volontarie del Centro d’ascolto “Marta e Maria” della Caritas diocesana, si è aperta raccontando la propria storia, rimarcando tra una lacrima e l’altra di sentirsi perduta: così giovane e – solo apparentemente – senza nessun obiettivo davanti a sé.

Ed è proprio durante i diversi ascolti che è emersa la voglia di rimettersi in gioco e poter realizzare un sogno. Così le è stato proposto un corso professionale come Operatore socio-sanitario (OSS), che la ragazza ha frequentato fino a raggiungere il traguardo finale. Con una qualifica in mano la vita ha un sapore diverso. Alle lacrime di disperazione si sostituiscono quelle di gioia. Ora può mettere in pratica le cose che ha imparato e volare alto con le proprie ali.

Abbiamo raccolta dalla ragazza una breve testimonianza (che riportiamo sotto) perché sia d’esempio alle tante persone che vorrebbero ritrovare se stesse dopo aver attraversato momenti di sconforto.

Quando mi hanno proposto di frequentare il corso di Operatrice socio-sanitaria ho accolto subito questa opportunità. Bisogna cogliere ogni opportunità che la vita ti offre: se te la lasci sfuggire ci vorrà del tempo prima che si ripresenti o potrebbe addirittura non ripresentarsi mai più.

Prima di frequentare il corso soffrivo molto; pareva che non si aprisse nessuna porta… E quando le aspettative sono ridotte a zero e ti capita una bella opportunità, come quella che è capitata a me, è allora che si apprezza veramente ciò che si ha.

Ci sono due modi per essere felici: tentare di migliorare la realtà in cui vivi o abbassare le proprie aspettative: durante il corso mi sono impegnata non solo perché mi è stata data un’opportunità ma perché essa poteva rappresentare per me un vero e proprio cambiamento di vita.

Il corso prevedeva due fasi: una teorica e un’altra pratica (un tirocinio presso una struttura); soprattutto durante il tirocinio mi sono resa conto che “accoglienza vuol dire costruire ponti tra le persone” e che tra le cose più belle vi è senza dubbio quella di fare un lavoro che ti piace e che ti fa sentire viva.

Dopo aver terminato il corso è cambiato qualcosa in me. Se dovessi riassumere in poche parole cosa ho appreso riguardo al lavoro dell’OSS direi così: passione, amore, pazienza e competenza.

Il lavoro che mi troverò a fare mi porterà ad essere in contatto con le persone, anche in situazioni particolari. Il lavoro che ho scelto mi piace e mi sento fortunata per questo. L’obiettivo dell’Operatore socio-sanitario è quello di creare benessere, infondere serenità, stimolare e sostenere l’autonomia delle persone. Proprio ciò di cui ho avuto bisogno anch’io, prima di rivolgermi al Centro di ascolto.

Il corso di formazione ha permesso a Rachele di farle riscoprire la propria identità e le aspirazioni personali, mettendo in luce le proprie risorse. Nel valorizzare la funzione pedagogica del Centro d’ascolto della Caritas è stato possibile un arricchimento non solo per lei ma anche per il gruppo dei volontari che per un anno ha seguito la ragazza. Dopo averle teso la mano nei momenti bui, passo dopo passo è arrivato il conseguimento del titolo professionale. La sua felicità è divenuta anche la gioia dei volontari del Centro di ascolto.

A cura del Centro di ascolto “Marta e Maria” di Iglesias

Le risposte caritative nell’emergenza: il servizio della Caritas a Carbonia

Volontari Caritas in servizio al Centro Unico

Il Centro di ascolto interparrocchiale “Madonna del Buon Consiglio”

A Carbonia i servizi della Caritas, a seguito dell’emergenza Covid-19, hanno dovuto ripensare la propria organizzazione, vista anche l’età di diversi volontari. A partire da metà marzo, nel Centro di ascolto zonale “Madonna del Buon Consiglio” sono stati ridotti i giorni di apertura ed attivato un numero telefonico per le urgenze. Con l’istituzione del COC (il Centro Operativo Comunale), la Caritas è stata chiamata a dare un contributo di assistenza attraverso l’ascolto e la preparazione e distribuzione dei pacchi spesa alle famiglie segnalate dallo stesso Centro, la cui condizione è significativamente peggiorata a causa dell’emergenza. Inizialmente, il servizio caritativo maggiormente coinvolto è stato quello del Centro unico di raccolta e distribuzione viveri di via Lubiana, ma attualmente si sta intensificando anche la necessità di ascolto e di interventi immediati nei confronti di tante famiglie in difficoltà. Insostituibile è l’apporto delle Caritas parrocchiali, che in modo capillare hanno anche svolto azione di orientamento verso i servizi disponibili e le opportunità di sostegno, per le quali il Centro di ascolto ha spesso svolto un servizio di consulenza e orientamento su questioni di carattere burocratico. Le Parrocchie, dunque anche in questa emergenza hanno continuato ad essere un punto di riferimento per le tante persone e famiglie bisognose di una parola di conforto e di un aiuto concreto.

Dal 13 marzo (data di attivazione del COC) a fine aprile, nell’ambito della collaborazione con il Comune, sono stati effettuati circa un centinaio di interventi, con l’approvvigionamento di pacchi spesa e bombole, spesso consegnati a domicilio. I richiedenti sono per lo più italiani, ma oltre il 20% è di nazionalità straniera (in particolare senegalese) o di etnia rom. A queste famiglie si aggiungono quelle regolarmente assistite, per le quali sono stati introdotti i buoni spesa, ad integrazione dell’intervento con beni FEAD o altri disponibili, per dare la possibilità di acquistare generi deperibili, non presenti negli interventi fin qui effettuati.

Dalla prima settimana di maggio il Centro di ascolto ha ripreso con i giorni di apertura e gli orari consueti, dal lunedì al giovedì, adottando tutte le precauzioni di distanziamento e di protezione previsti, in modo da far fronte alle richieste di ascolto (che si prevedono in aumento), da parte di famiglie che da anni non si avvicinavano al Centro o che non si erano mai avvicinate, e che spesso vengono segnalate dai Servizi sociali del Comune di Carbonia.

Maria Marongiu

 

Il Centro unico di raccolta e distribuzione viveri di via Lubiana

Per rafforzare il proprio servizio a Carbonia, nel contesto dell’emergenza sanitaria, la Caritas diocesana ha firmato una convenzione con il Comune che ha coinvolto il Centro d’ascolto “Madonna del Buon Consiglio” di via Satta e il Centro unico di raccolta e distribuzione viveri di via Lubiana, unitamente alla Caritas parrocchiale della Parrocchia Santa Barbara di Bacu Abis. Le tre realtà caritative sono state chiamate a dare un contributo di assistenza attraverso l’ascolto e la distribuzione di beni di prima necessità alle famiglie da loro segnalate. A questo proposito, sia il Centro d’ascolto sia il Centro unico sono stati da subito convocati dal sindaco di Carbonia, Paola Massidda, assieme alla Croce Rossa Italiana e alla Polizia municipale, per un primo incontro da cui sono scaturite le “linee guida” per organizzare gli interventi, soprattutto per la distribuzione dei viveri. A seguito della convenzione è poi proseguita ufficialmente la collaborazione con il Centro Operativo Comunale (COC), che ha permesso la dotazione di risorse finanziarie per l’acquisto di viveri e dei “buoni pasto” da consegnare ai beneficiari. Inoltre, i Servizi sociali del Comune si sono adoperati per elaborare le disposizioni e ricevere le domande per l’ottenimento dei buoni spesa.

Ne è derivato uno sforzo notevole messo in campo da tutti i volontari Caritas e non solo, i quali non si sono tirati indietro, anche con il servizio a domicilio per tutte le persone che di volta in volta ne hanno fatto richiesta. Sono state prese ovviamente tutte le misure di sicurezza consigliate, con la sanificazione continua dei locali e l’uso dei dispositivi di protezione individuale, messi a disposizione anche degli stessi beneficiari. Sono state numerose le donazioni di mascherine confezionate artigianalmente, assai preziose soprattutto nel primissimo periodo, dato che non se ne trovavano facilmente. Il COC ha disposto che nei supermercati e nei centri commerciali si posizionassero dei cosiddetti “carrelli solidali”, con i quali è stato possibile integrare le dotazioni di viveri. Si sono susseguite donazioni di viveri e anche alcune donazioni in danaro, per far fronte alle grandi richieste di aiuto pervenute in questi mesi. I panifici hanno donato in abbondanza i propri prodotti. Alcuni imprenditori si sono fatti carico di acquistare uova di Pasqua e colombe pasquali per tutti i beneficiari.

Non è dunque mancata la solidarietà da parte della collettività, nonostante la difficoltà del momento. È stata assai importante la collaborazione con le varie associazioni di volontariato, ecclesiali e non, presenti nel territorio. Da parte delle Parrocchie, del Centro di ascolto e del Centro unico si è sempre cercato di accompagnare l’aiuto concreto con un sorriso e una buona parola di incoraggiamento, ricevendo l’apprezzamento per il modo di porsi, accogliente e rispettoso nei confronti di tutti.

Giovanni Busia

I Carabinieri della Scuola Allievi “Trieste” a sostegno della Caritas di Iglesias

I Carabinieri della Scuola Allievi, insieme agli operatori dell’Emporio, nelle operazioni di carico dei prodotti alimentari.

In diverse circostanze, in particolare nel periodo quaresimale, il Comando Scuola Allievi Carabinieri “Trieste” di Iglesias ha dato testimonianza di  importanti gesti di solidarietà. Per venire incontro alle necessità di numerose famiglie del territorio con difficoltà economiche, ha organizzato in diverse occasioni una raccolta di viveri da destinare all’Emporio della Solidarietà della Caritas di Iglesias, cui aderiscono diverse realtà caritative.

Anche in quest’inedita situazione di clausura forzata, dovuta all’emergenza sanitaria, la Scuola Allievi non ha voluto far mancare il proprio sostegno alla Caritas diocesana di Iglesias. Nonostante l’assenza degli studenti, che da diverse settimane hanno visto interrompere il corso di preparazione, il Tenente Colonnello Antonio Iaderosa ha voluto prendere i contatti con il direttore della Caritas, Raffaele Callia, per esplorare in quale maniera poter sostenere la Chiesa diocesana nelle sue attività in favore delle persone più fragili, oggi ancora più vulnerate a causa della grave crisi economica e sociale legata alla pandemia.

Alcuni dei prodotti trasferiti dalla sede dell’Emporio e diretti a Carbonia

Il Comando della Scuola Allievi ha così deciso di avvalersi dei mezzi e degli uomini a disposizione per trasportare dall’Emporio della Solidarietà di Iglesias al Centro unico Caritas di Carbonia una considerevole donazione di prodotti alimentari e beni di prima necessità, frutto della generosità di alcune aziende, giunti dalla Penisola nel centro di smistamento di Cagliari. Grazie a questa rinnovata attenzione della Scuola Allievi Carabinieri, altre strutture caritative e realtà parrocchiali della Diocesi (in particolare a Carbonia, Bacu Abis, Narcao e Sant’Antioco) hanno potuto distribuire i beni alle famiglie in affanno anche a causa dell’emergenza sanitaria in corso.

A nome delle tante famiglie destinatarie dell’aiuto, il direttore della Caritas esprime profonda gratitudine per la generosità dimostrata, a conferma della fiducia che l’Arma dei Carabinieri ripone nella Caritas diocesana e nei confronti dei propri operatori. Un’occasione per dire grazie al prezioso servizio reso quotidianamente dall’Arma in favore della collettività.

La Caritas diocesana di Iglesias

La storia di Marisol: dal Venezuela al Sulcis-Iglesiente, in cerca di libertà

Mentre parla, un lieve sorriso sulle labbra, quasi a nascondere imbarazzo e timidezza. Ma gli occhi non possono celare un velo di malinconia. Marisol (la chiameremo così per questioni di riservatezza), ha lasciato la sua terra, il Venezuela, circa un anno fa per venire in Italia. Fuggiva da una situazione molto difficile, non solo per lei, ma per tutto il popolo del suo Paese: disagio sociale, crisi economica, e soprattutto una fortissima inflazione hanno investito questa terra tanto bella ma altrettanto martoriata, dalle scelte di chi la governa e dagli scenari internazionali.

Il suo è stato un viaggio veloce – sapeva già come ci si doveva muovere – ma non per questo meno rischioso. «Ho lasciato la mia città passando il confine con la Colombia, il 26 febbraio 2019, a piedi. Sono più o meno 2 chilometri. In 15 minuti ero a Cucutà e poi da lì fino a Bogotà. Da qui ho preso un aereo per Madrid, dove sono arrivata il 27 febbraio dello scorso anno, per poi ripartire immediatamente per Roma. Da lì, lo stesso giorno, sono giunta a Cagliari, verso le 10 di sera». Ma a Cagliari, in realtà, è rimasta solo una notte, ospite di una sua amica venezuelana. La sua vera destinazione era una cittadina mineraria dell’Iglesiente che, da qualche anno, era divenuto il luogo di residenza della signora Consuelo (anche questo è un nome di fantasia). «La signora Consuelo è stata molto importante per me; la conobbi tramite Facebook e si offrì subito di aiutarmi. Mi ospitò qualche giorno nella sua casa e poi mi accompagnò negli uffici della Caritas diocesana, ad Iglesias», da dove è iniziato un determinante percorso di accompagnamento e consulenza giuridica per l’ottenimento del permesso di soggiorno. La signora Consuelo riveste un ruolo importante anche dopo, perché «è stato grazie a lei che ho potuto lavorare per qualche tempo». Marisol, prima di trasferirsi definitivamente nella cittadina mineraria, dove tuttora vive e lavora, è stata ospitata nella Casa di prima accoglienza Santo Stefano della Caritas diocesana. Qui ha trascorso un periodo di circa due mesi e mezzo.

Alla domanda su come si è trovata nella Casa sorride, quasi ride, in un misto di imbarazzo e riconoscenza: «All’inizio mi sentivo smarrita, impaurita… Ero preoccupata, quasi terrorizzata, perché avevo dovuto lasciare mia figlia in Venezuela, con mia madre. Certo, sapevo che con lei era in buone mani, ma era terribile pensare a quanto era lontana, che non potevo abbracciarla e stare con lei… Inoltre, lì alla casa Santo Stefano non conoscevo nessuno. E poi c’era un’altra questione: non conoscevo neanche una parola di italiano!». Ma giorno dopo giorno, stando a stretto contatto con le persone che in un modo o nell’altro ruotavano attorno alla casa, «mi rendevo sempre più conto che tutti mi volevano bene, e cercavano, chi in un modo chi in un altro, di aiutarmi, di confortarmi, di farmi sentire a mio agio, di farmi ridere – e ne avevo davvero bisogno! -, di farmi sentire come se fossi a casa». Perché è proprio questa la parola che Marisol, commossa, usa: “casa”. «È stato davvero come stare in una grande famiglia, mi sono sentita coccolata e, soprattutto, protetta. Non mi sentivo più un uccellino impaurito bagnato dalla pioggia, come mi aveva descritto un giorno una persona della casa Santo Stefano riferendosi all’impressione che le avevo fatto appena ero arrivata lì». Marisol ricorda un po’ tutti: i volontari e le volontarie, i ragazzi del Servizio civile, con i quali ha instaurato un bel rapporto di amicizia, con gli ospiti della casa, e con tutti gli altri. «Don Roberto, per esempio, il responsabile della casa, ogni volta che ci ritrovavamo a pranzo e c’era anche lui, non perdeva occasione di chiedermi come stavo, e di scherzare magari cercando di parlare un po’ di spagnolo!».

Ma la barriera della lingua? Nella risposta non c’è esitazione: «Cercavo di imparare quanto più possibile, ripetevo, chiedevo. E poi ho anche ricevuto qualche lezione di italiano da una persona della Casa che conosceva la mia lingua. Sono state vere e proprie lezioni, che mi sono state molto utili. Soprattutto per la caparbietà e la pazienza nello spiegarmi che in italiano si dice “Vado”, e non “Bado”».

Qual è stata la cosa più importante durante la permanenza nella Casa Santo Stefano? «Certamente avere un tetto, un letto e due pasti al giorno – oltre la colazione – è stato importante, ma, ripeto, la cosa davvero importante che ho ricevuto è stato il supporto psicologico, il sentirmi ben voluta e accettata. E la cosa straordinaria, ancora oggi che non sono più là, è che tutto questo è avvenuto spontaneamente, senza che quasi si rendessero conto di quel che stavano facendo». Più in generale, i rapporti con la Caritas sono stati ottimi: «con il direttore, con la segretaria, con le persone del Centro d’ascolto per stranieri. Tutti mi hanno offerto supporto psicologico e morale, soprattutto nel primo periodo».

Che cosa mi mancava più di tutto, in quei giorni? «Mia figlia! Ho già detto che era un tormento il fatto che lei non fosse con me. Lo era di giorno, ma ancora di più la notte, quando la sentivo al cellulare e poi, una volta chiusa la chiamata, non potevo evitare di piangere. Continuavo a chiedermi quando l’avrei riabbracciata, ma era sempre lei che mi dava la forza per resistere: dovevo farcela, dovevo superare tutto per lei. E poi, dopo alcuni lavori saltuari, a luglio ho firmato un contratto di lavoro: anche se solo per tre mesi, con rinnovo fino a dicembre, i soldi che ho guadagnato mi sono serviti per pagare il viaggio per l’Italia a mia figlia e a mia madre, che doveva necessariamente accompagnarla». Da quando c’è lei qui con me è tutto diverso.

Quanti anni ha tua figlia? «Sette anni!», risponde con orgoglio, mentre lei fa capolino e saluta, con un faccino sorridente e vivace. Quando sei riuscita a far venire tua figlia in Italia? «Ai primi di dicembre».

Hai ottenuto il permesso di soggiorno, giusto? «Sì, è tutto a posto».

Come ti trovi nella cittadina dove vivi? Hai nostalgia della Casa Santo Stefano? E del Venezuela? «Non mi trovo male, però è un periodo molto difficile, perché adesso non sto lavorando, è difficile trovare un lavoro – soprattutto nel pieno di questa emergenza sanitaria –, non solo per me: è difficile per tutti. Nostalgia della casa Santo Stefano? Sì, certamente, e delle persone che durante la mia permanenza mi sono state vicine. Del Venezuela ho sempre nostalgia, come potrei non averne, è la mia terra».

Ci tornerai? «Sì, quando la situazione economica e politica cambierà e migliorerà ritornerò. Ma portandomi nel cuore le persone che ho conosciuto in Italia».

Intervista a cura di Giampaolo Atzori
Casa di prima accoglienza Santo Stefano