Sabato 7 settembre 2024, si è tenuta la serata di sostegno al progetto Emporio della Solidarietà, promossa dalla Parrocchia Vergine della Neve di Villamassargia.
Un centinaio di persone ha preso parte all’iniziativa di sensibilizzazione sulle tematiche della solidarietà, nel piazzale della chiesa parrocchiale della Vergine della Neve di Villamassargia. Grazie alla musica d’autore offerta dal gruppo Dagnino & Friends si è potuto riflettere sull’importanza che nel campo della solidarietà, così come avviene nella musica, ciascuno faccia la propria parte per garantire l’armonia del bene comune.
Alla presenza di alcuni rappresentanti dell’Amministrazione comunale, di diversi collaboratori parrocchiali e degli Scout della comunità di Villamassargia, il direttore della Caritas diocesana e la referente del progetto Emporio della Solidarietà, insieme al parroco e al sindaco, hanno illustrato ai presenti la finalità di quest’importante servizio, incoraggiando i presenti a rendersi corresponsabili di un impegno e di un’attenzione nei confronti del prossimo che non siano episodici, ma che contribuiscano a generare e a far crescere una cultura della carità come germe di pace e di giustizia sociale.
Dopo l’esperienza della visita alla Scuola primaria “Pietro Allori” di Iglesias da parte della Caritas diocesana, avvenuta a gennaio scorso, il progetto di Service Learning “Io voglio esserci” ha avuto un momento importante in occasione del convegno tenutosi il 4 giugno. A conclusione del progetto, riportiamo l’intervista all’insegnante Enrica Ena, referente dello stesso.
Com’è nata l’idea di coinvolgere anche la Caritas diocesana di Iglesias nel progetto di Service-Learning denominato “Io voglio esserci”?
L’idea è stata una conseguenza naturale del lavoro di mappatura delle realtà solidali presenti nel territorio, da cui siamo partiti con l’avvio del progetto. Questa ha reso subito evidente che la Caritas è una realtà fondamentale che lavora proprio nella direzione di ciò che era al centro del nostro interesse. Perciò abbiamo avviato subito i contatti. La bella apertura che abbiamo trovato ha fatto il resto.
Vuoi spiegarci di che cosa si tratta?
Intanto mi sembra importante dire che cosa è il Service-Learning. Si tratta di una proposta pedagogica che unisce il Service (servizio) al learning (apprendimento), che consente agli studenti di appropriarsi degli strumenti culturali e delle abilità sociali con azioni concrete, assumendo un ruolo attivo a vantaggio del contesto nel quale vivono. “Io voglio esserci” è nato come percorso di ricerca-azione all’interno della Formazione sul Service Learning, proposta da “Il cambiamento nasce da dentro”, e sviluppato da una rete appositamente costituita, guidata dall’Istituto Pietro Allori di Iglesias. Il nostro progetto, nello specifico, ha coinvolto la classe 1ª A e le classi 3ª A e 3ª B della scuola primaria di via Roma, guidato dalle coordinatrici delle classi. Con me, le colleghe Maria Francesca Marras e Chiara Pinna. La prima fase ci ha visti impegnati con l’esplorazione dei bisogni fondamentali e delle realtà solidali presenti nel nostro territorio. Di seguito è nato un percorso di approfondimento, grazie al quale i bambini hanno potuto individuare un bisogno di cui occuparsi direttamente, dando vita a un Emporio dei bambini per i bambini. Messo a fuoco il bisogno, abbiamo lavorato per allestire lo spazio-emporio in cui raccogliere donazioni (grembiuli, zaini, materiale scolastico, ecc.) da mettere a disposizione di chi ne ha necessità. Ha preso vita un percorso trasversale che ha coinvolto le diverse discipline. Particolarmente importanti sono stati il lavoro di indagine, le attività utili a preparare e a documentare incontri e visite sul territorio, l’organizzazione di vere e proprie assemblee a cura dei bambini per coinvolgere i compagni dell’intera scuola, la raccolta organizzata delle donazioni, l’organizzazione della giornata finale.
Avevi già avuto modo di conoscere la Caritas in passato?
Avevo una conoscenza molto superficiale, tant’è che più volte mi sono trovata ad affermare che l’incontro con la Caritas mi ha aperto un mondo. Ho conosciuto un impegno straordinario, che coinvolge operatori e volontari di grande sensibilità e attenzione. Le opere-segno presenti nel nostro territorio sono presidi veramente importanti che devono essere conosciute e meritano un impegno diffuso. Quando si vive una situazione di fragilità è molto importante sapere di non essere soli.
Dopo l’incontro degli operatori Caritas a scuola con gli alunni e le insegnanti, i volontari e gli operatori hanno potuto accogliervi nei loro servizi. Che tipo di esperienza è stata?Quali le ricadute a livello didattico?
Quando la Caritas è venuta a scuola, rappresentata da Emanuela Frau e Valentina Diana, il desiderio di andare oltre è nato immediatamente. Davanti ai nostri occhi si è aperta una realtà straordinaria che volevamo conoscere e far conoscere in modo più diretto, visitando proprio le opere-segno. Questa scelta è stata centrale nel nostro progetto, in quanto si sono resi necessari degli incontri di co-progettazione che hanno dato vita a una vera e propria alleanza. Per i bambini, che apprendono dall’esperienza, è stato molto importante recarsi nelle strutture, conoscere gli operatori, ascoltare direttamente dalle loro voci la funzione e l’organizzazione di ognuna, la gestione dei bisogni, e soddisfare, con le domande, le più diverse curiosità. È stata proprio da una di queste visite, quella all’Emporio della Solidarietà, che ha preso vita l’idea dell’Emporio dei bambini per i bambini. Per capirci: il nostro non è stato un lavoro in più. Abbiamo fatto didattica per competenze.
Il 4 giugno è stato realizzato un bel Convegno. Puoi descriverlo brevemente?
Il Convegno è stato per noi la conclusione di un percorso formativo e di ricerca-azione articolato su due anni scolastici, con la guida del Prof. Italo Fiorin, dell’Università LUMSA di Roma. È stata una giornata importante perché siamo riusciti a mettere insieme tutti: le scuole coinvolte nel progetto, i rappresentanti dell’Amministrazione comunale e dell’Ufficio scolastico regionale, i genitori, gli Enti e le Associazioni che hanno collaborato alla realizzazione dei progetti (oltre alla Caritas, erano presenti Casa Emmaus Società Cooperativa Sociale, l’Associazione Elda Mazzocchi Scarzella di Domusnovas, l’Assessorato ai Servizi Sociali). La cosa più importante è stata la restituzione curata direttamente dai bambini del nostro Istituto (IC “Pietro Allori” di Iglesias) e dai ragazzi della scuola secondaria di secondo grado (Liceo “C. Baudi di Vesme” di Iglesias).
Secondo te, il Convegno potrebbe costituire l’inizio di qualcosa con specifiche finalità a lungo termine?
Sì, preferisco pensarlo come inizio di qualcosa. Il nostro interesse è proprio quello di rendere il Service-Learning una pratica diffusa, perché lavorare pensando gli apprendimenti all’interno di
percorsi significativi a vantaggio della comunità diventi una realtà. Se ogni scuola si impegnasse anche solo a un piccolo progetto in questa direzione, potremmo assistere a un grande cambiamento. Per noi il progetto è solo all’inizio e abbiamo già ipotizzato la sua prosecuzione, estendendo il coinvolgimento ad altre classi, anche oltre la nostra scuola.
Prevedi che in futuro possa proseguire la collaborazione con la Caritas diocesana di Iglesias?
Io me lo auguro. Sono fermamente convinta che il coinvolgimento degli studenti in attività come questa, sin da piccoli, possa costruire sensibilità e attenzione e educare all’impegno per la propria
comunità.
La Parrocchia Vergine della Neve di Villamassargia, in collaborazione con la Caritas diocesana e il Gruppo Scout Villamassargia 1, invita a un evento musicale per una raccolta a sostegno dell’Emporio della Solidarietà che si terrà sabato 7 settembre, alle ore 21.00, presso il piazzale della chiesa parrocchiale.
La serata sarà animata dal gruppo Dagnino & Friends Live.
Durante l’evento sarà possibile donare prodotti alimentari (confezionati), prodotti per l’igiene personale e domestica, nonché cancelleria scolastica. Tutte le donazioni saranno messe a disposizione dell’Emporio della Solidarietà, per essere conferite ai beneficiari del servizio attraverso le modalità previste dal progetto.
Dal 5 al 19 agosto la diocesi di Iglesias ha ospitato 99 bambini e ragazzi ucraini insieme ai loro accompagnatori nell’ambito dell’iniziativa “È più bello insieme”, promossa da Caritas italiana, Caritas Spes (una delle Caritas dell’Ucraina) e sostenuta dalla Conferenza Episcopale Italiana. L’iniziativa, avviata la prima volta in altre diocesi nell’estate dello stesso anno in cui è scoppiata la guerra in Ucraina, ha visto alloggiare bambini e ragazzi ucraini prevalentemente di età preadolescenziale, provenienti da Zhytomyr, Kiev, Lutsk e Kharkiv nelle seguenti strutture: “Casa di Nazareth” a Iglesias, “Posada Cammino Minerario di Santa Barbara” a Carbonia e “Villa Aurora” a Carloforte. Momenti di svago e divertimento hanno occupato le giornate per lo più balneari, durante le quali i ragazzi hanno potuto godere delle bellezze naturali dal mare di Carloforte, Portopaglietto, Spiaggia di Mezzo, Is Solinas, alle grotte di Santa Barbara e delle bellezze culturali come le visite ai centri storici e alle chiese, partecipando ai riti delle feste cittadine.
Tra i momenti più intensi e significativi di queste giornate se ne possono menzionare du: l’incontro con le Sorelle Povere di Santa Chiara e l’Amministratore apostolico diocesano, cardinale Arrigo Miglio, al Santuario della Madonna del Buon Cammino a Iglesias l’11 agosto, giorno in cui la Chiesa ricorda Santa Chiara di Assisi; e la Santa Messa a Villamassargia, alla chiesa parrocchiale della Madonna della neve, presieduta dal parroco don Maurizio Mirai e alla quale ha preso parte anche don Bogdan Markhevka, residente a Cagliari, che ha proposto un’omelia sia in italiano sia in ucraino a beneficio dei giovani ospiti suoi connazionali. Racconti di comunità e collaborazione arrivano anche dalle parrocchie di Carloforte, San Carlo Borromeo e San Pietro Apostolo, che si sono unite in un’unica grande famiglia accogliente, dalla Beata Vergine Addolorata di Carbonia, che ha fornito un insostituibile supporto umano e logistico al gruppo ospite nella Posada, così come dalle comunità parrocchiali di Portoscuso e Paringianu.
“È stata una grande esperienza per tutta la comunità”, racconta Raffaele Callia direttore della Caritas diocesana a conclusione dell’accoglienza. “Abbiamo sperimentato le radici più profonde dell’animazione pastorale, che è l’obiettivo primario della Caritas. Impegno che abbiamo portato avanti con senso di responsabilità e al meglio delle nostre possibilità, grazie alla regia di Simone Cabitza, nostro referente per l’Area promozione umana, che ha coordinato il prima, il durante e il dopo, alla presenza di ben 11 mediatori linguistici residenti in Sardegna da anni e all’aiuto di tantissime persone e istituzioni che hanno dato disponibilità dopo essere venuti a conoscenza dell’iniziativa. Prezioso il contributo degli Scout, delle comunità ecclesiali (parrocchie, gruppi, movimenti e associazioni), degli istituti scolastici, così come è stata fondamentale la collaborazione con le Amministrazioni comunali che, oltre al supporto nelle varie esigenze logistiche, hanno voluto conoscere di persona i bambini e i ragazzi portando loro il saluto della cittadinanza. Questo scambio di amicizia è stato così intenso che durante gli incontri i giovani ospiti hanno più volte omaggiato i partecipanti con balli e canti tipici delle loro zone di origine. Uno dei contributi più forti, che rimarrà nel cuore di tutti, è arrivato dalla sedicenne Irina che il giorno dell’incontro a Carbonia ha affidato ai presenti un messaggio scritto dai contenuti molto significativi e profondi sulle difficoltà del sentirsi a casa, con il rischio di non averne più una, e sul come l’arte l’abbia sempre aiutata nei momenti più difficili”.
Quest’esperienza di accoglienza, dai contenuti umani straordinari, ha ricevuto un plauso unanime. È stata definita una benedizione per le comunità e rimarrà nel cuore di tanti. Esperienza che deve sollecitare le coscienze affinché l’idea della guerra non diventi un’abitudine essendo fondamentale fare la propria parte ogni giorno, anche nel poco, per costruire la pace.
Sono sbarcati la notte del 5 agosto 86 bambini e ragazzi ucraini, con i loro accompagnatori, tutti provenienti da Zhytomyr, Kiev, Lutsk e Kharkiv. Sono arrivati poco prima della mezzanotte all’aeroporto “Mario Mameli” di Cagliari Elmas, un po’ stanchi ma molto entusiasti di poter trascorrere delle giornate in tranquillità nella Sardegna Sud-Occidentale. L’iniziativa denominata “È più bello insieme”, promossa da Caritas Italiana e Caritas Spes, è sostenuta dalla Conferenza Episcopale Italiana (CEI).
Sin dai primi giorni i bambini e i ragazzi ucraini stanno conoscendo le comunità ospitanti. Dopo la visita del sindaco del Comune di Iglesias, Mauro Usai, e dell’Assessore alle politiche sociali, Angela Scarpa, l’8 agosto il gruppo ospite nella Posada di Carbonia della Fondazione “Cammino di Santa Barbara”, che può godere della spiaggia di Portopaglietto, ha incontrato il sindaco del Comune di Portoscuso, Ignazio Salvatore Atzori, in compagnia del parroco delle parrocchie di Portoscuso (Vergine d’Itria e San Giovanni Battista) e di Paringianu (San Giuseppe), don Antonio Mura. Le tre comunità parrocchiali stanno garantendo un supporto logistico e una presenza di volontari molto importante, in sinergia con l’Amministrazione comunale.
Nei prossimi giorni lo stesso gruppo, che per tutto il tempo dell’ospitalità si sta appoggiando per la mensa e per le attività di animazione alla parrocchia Beata Vergine Addolorata, guidata dal parroco don Antonio Carta, incontrerà anche il sindaco di Carbonia. Anche il gruppo ospite a “Villa Aurora”, struttura della diocesi di Iglesias, avrà modo di incontrare il sindaco di Carloforte, dove le due parrocchie (San Carlo Borromeo e San Pietro Apostolo), guidate da don Andrea Zucca, stanno svolgendo un ruolo essenziale nell’accompagnamento e nel sostegno logistico dei giovani ospiti ucraini. Questi momenti di conoscenza e di scambio ecclesiale e civile servono a ricordare come l’esperienza delle vacanze solidali è resa possibile grazie al concorso di tante realtà, tutte unite dalla volontà di garantire un “balsamo” di quiete, fraternità e amicizia ai giovani ospiti ucraini, con il supporto silenzioso ma determinante di una sessantina circa di volontari fra Scout, giovani delle parrocchie e delle scuole e tante persone che si sono rese disponibili generosamente.
Nella serata dell’8 agosto gli 11 volontari del Servizio civile, che operano presso la Casa di prima accoglienza “Santo Stefano” e i Centri di ascolto di Iglesias e Carbonia, hanno incontrato i 20 bambini e i ragazzi ucraini che sono ospiti della Casa di Nazareth (località Tallaroga, Iglesias), insieme ai loro accompagnatori. È stata una bella occasione di incontro e di scambio, in amicizia e fraternità. Tante le domande e le curiosità, insieme alla gioia di poter stare in un luogo accogliente e rilassante, potendo godere del mare della Sardegna.
Sia il gruppo di Iglesias, sia quello di Carbonia e Carloforte stanno fruendo della bellezza delle spiagge di Portopaglietto (Portoscuso), Plage Mesu e Carloforte. Mare, giochi e allegria sono il comune denominatore di queste prime giornate di vacanze solidali.
Fervono i preparativi per l’arrivo degli 87 bambini e ragazzi ucraini prevalentemente di età preadolescenziale, provenienti da Zhytomyr, Kiev, Lutsk e Kharkiv che con i loro accompagnatori dal 5 al 19 agosto passeranno un periodo di vacanza, riposo, svago, divertimento nella nostra diocesi, più precisamente nelle strutture di “Casa Nazareth” ad Iglesias, di “Posada Cammino Minerario di Santa Barbara” a Carbonia e di “Villa Aurora” a Carloforte.
L’iniziativa denominata “È più bello insieme”, promossa da Caritas Italiana e Caritas Spes è stata avviata la prima volta nell’estate dello stesso anno in cui è scoppiata la guerra in Ucraina. Sostenuta dalla Conferenza Episcopale Italiana (CEI) ha permesso di accogliere fino ad oggi più di 700 tra minori e adulti accompagnatori (di cui 600 la scorsa estate) e che anche quest’anno, dal 15 giugno al 30 agosto sta consentendo momenti di svago ad altrettanti minori, con i loro accompagnatori, in periodi e luoghi diversi.
Proprio il 20 maggio scorso, il cardinale Matteo Zuppi, presidente della CEI, innanzi all’Assemblea generale dei vescovi, ha auspicato la nascita di «azioni solidali [e di] soluzioni inclusive e realmente incisive, in grado di rafforzare il senso di comunità e di reciproca cura, affinché nessuno sia tagliato fuori o venga lasciato indietro», in modo che le comunità divengano «luoghi di accoglienza per tutti».
La diocesi di Iglesias ospita per la prima volta l’iniziativa che ha visto e vedrà coinvolte nelle prossime settimane anche le diocesi di Cosenza, Lamezia Terme, Como, Senigallia, Jesi e Ugento-Santa Maria di Leuca. Le esperienze di accoglienza estiva vissute dai bambini e dai ragazzi ucraini nei primi due anni sono state estremamente positive e hanno offerto un contributo importante nell’aiutare ad alleviare, per quanto possibile, le sofferenze psicologiche e morali derivanti dalla guerra. Una iniezione di fiducia e serenità, confidando quanto prima in una sospirata pace, che dal 24 febbraio del 2022 (inizio del conflitto russo-ucraino) non sembra arrivare e che ha visto una rinnovata escalation di vittime e paura. «Noi abbiamo il compito di essere accanto alle persone che soffrono e dare loro una speranza, per andare avanti», significative le parole di don Vyacheslav Grynevych direttore di Caritas-Spes, raccolte in una forte testimonianza per il settimanale Famiglia Cristiana. Spes significa in latino “speranza” la speranza oggi in Ucraina appare fragile, lontanissima. «Siamo tanto stanchi – sospira – non vediamo la fine di questo dolore». Cos’è per don Vyacheslav la pace? Silenzio. Poi riflette: «Un’opportunità per perdonare, ma alla base deve esserci la giustizia. La pace deve essere non una virgola, ma un punto fermo. Io cerco di trovarla nella preghiera. Ma in Ucraina, oggi, come si può trovare la pace?».
Un interrogativo all’azione concreta che interpella tante coscienze di uomini e donne di buona volontà e al quale il nostro territorio sta tentando di rispondere cercando di donare qualche giorno di spensieratezza con il progetto di accoglienza. Tante infatti le realtà che hanno risposto positivamente alla richiesta di aiuto della diocesi per l’organizzazione logistica, materiale e dell’intrattenimento: Amministrazioni comunali, Comunità ecclesiali (parrocchie, gruppi, movimenti), Istituti scolastici e semplici volontari grazie ai quali sarà possibile vivere un’esperienza di solidarietà e gratuità. «È un modo bello e importante di essere Chiesa» ci racconta Simone Cabitza, che per la diocesi sta coordinando la macchina organizzativa. «Questa esperienza ci aiuterà a mettere in pratica le radici più profonde dell’accoglienza, stabilendo dei rinnovati legami di collaborazione. La bontà del progetto non solo ci permetterà di fare opera feconda di bene per questi giovani fratelli, ma sarà una importante esperienza di animazione di comunità per tutti noi». Fondamentale la presenza di ben 11 mediatori linguistici, trapiantati in Sardegna da diversi anni, che hanno dato piena e completa disponibilità nelle due settimane per ovviare la problematica linguistica e non solo. A loro è affidato il delicato compito di avvicinare due realtà differenti facendo conoscere cultura e tradizioni tra cui sicuramente le abitudini alimentari e non di meno garantendo essenziale supporto per le attività ricreative e laboratoriali. Le giornate infatti saranno scandite non solo da esperienze marittime, ma anche da visite cittadine per poter partecipare alle iniziative culturali e musicali organizzate dalle Amministrazioni comunali, laboratori di teatro, artistici e musicali con professionisti del campo e giochi organizzati dagli animatori junior. L’ennesima dimostrazione quindi di come oltre che con la preghiera, poter essere concretamente artigiani di pace senza gesti particolarmente eclatanti, regalando semplicemente la propria quotidianità nella certezza evangelica che “Chi accoglierà un solo bambino come questo nel mio nome, accoglie me” e che in ogni bambino e ragazzo è racchiuso il Regno dei Cieli.
Nella prima metà di agosto, 100 piccoli ucraini, con i loro accompagnatori, saranno ospitati nella diocesi di Iglesias. Provenienti da Zhytomyr, Kiev, Lutsk e Kharkiv, attraverso l’iniziativa denominata “È più bello insieme”, promossa da Caritas Italiana e Caritas Spes, giungeranno nel territorio diocesano, in particolare a Carbonia, Carloforte e Iglesias, 100 tra bambini e ragazzi ucraini, insieme ai loro accompagnatori. Il progetto intende favorire un programma di vacanze solidali per minori e loro accompagnatori provenienti da contesti di guerra, così da garantire due settimane di spensieratezza e di riposo, lontani dalla guerra e dalle difficili condizioni in cui vivono dal febbraio del 2022.
L’iniziativa, avviata la prima volta nell’estate dello stesso anno in cui è scoppiata la guerra in Ucraina, è sostenuta dalla Conferenza Episcopale Italiana (CEI). Proprio il 20 maggio scorso, il cardinale Matteo Zuppi, presidente della CEI, innanzi all’Assemblea generale dei vescovi, ha auspicato la nascita di «azioni solidali [e di] soluzioni inclusive e realmente incisive, in grado di rafforzare il senso di comunità e di reciproca cura, affinché nessuno sia tagliato fuori o venga lasciato indietro», in modo che le comunità divengano «luoghi di accoglienza per tutti».
Le esperienze di accoglienza estiva vissute dai bambini e dai ragazzi ucraini nei primi due anni sono state ampiamente positive e hanno offerto un contributo importante nell’aiutare i piccoli destinatari a lenire le sofferenze psicologiche e morali derivanti dalla guerra. Il tutto offrendo loro luoghi accoglienti e in cui ricominciare ad avere fiducia in un futuro di pace.
Per la diocesi di Iglesias, così come per tutte le altre diocesi coinvolte nell’accoglienza (Cosenza, Lamezia Terme, Como, Senigallia, Jesi e Ugento-Santa Maria di Leuca) sarà possibile vivere un’esperienza di solidarietà e di gratuità, con il coinvolgimento di volontari Caritas, animatori della Pastorale giovanile, educatori Scout, giovani studenti nell’ambito di appositi PCTO, in un clima di condivisione e di fraternità.
La diocesi di Iglesias, attraverso la Caritas diocesana, ha organizzato attività ricreative e di intrattenimento per tutti i bambini, gli adolescenti e gli adulti che li accompagneranno, in sinergia con tante realtà ecclesiali e del mondo del volontariato, in stretta collaborazione con le Amministrazioni dei Comuni di Iglesias, Carbonia e Carloforte e in collaborazione con la Fondazione Cammino di Santa Barbara. L’iniziativa “È più bello insieme”, infatti, non è solo un’occasione di accoglienza ma anche un’importante esperienza di animazione di comunità, che intende favorire la giusta sinergia del lavoro in rete tra soggetti istituzionali, civili e del mondo ecclesiale. Così che, mentre si continua a pregare e sperare per il dono della pace in Ucraina, si possano gettare anche le basi per una cultura di pace e di fraternità per le future generazioni.
Sono trascorsi quasi 35 anni dalla morte di Jerry Essan Masslo, ucciso il 25 agosto 1989 a Villa Literno da una banda di criminali. Si trattò di un brutale assassinio, a seguito di un tentativo di estorsione, in un contesto di profondo sfruttamento della manodopera straniera che viveva in baracche e che era dedita al lavoro nell’agricoltura, in particolare la raccolta del pomodoro. Jerry Masslo era un sudafricano, giunto in Italia nel marzo del 1988. Vistosi non riconosciuto il diritto d’asilo a causa del principio della “limitazione geografica” (la normativa, che prevedeva lo status di rifugiato per i soli cittadini dell’Europa dell’Est, sarà poi modificata in senso evolutivo proprio a seguito della sua morte), Masslo si trasferì in Campania per cercare fortuna, trovandovi in realtà un lavoro sottopagato e in condizioni di sfruttamento, oltre che una fine violenta all’età di 29 anni. La sua morte suscitò grande indignazione in tutto il Paese, con una commozione pubblica accresciuta dai funerali di Stato alla presenza di diversi rappresentanti delle istituzioni.
A distanza di così tanto tempo la storia si è ripetuta con la stessa drammaticità e con lo stesso corollario di retoriche inutili e intollerabili. Una storia fatta di lavoro sottopagato, di sfruttamento di una manodopera straniera fragile, poiché sprovvista di un contratto di lavoro e di un regolare titolo di soggiorno; una storia già nota di caporalato scandaloso e disumano, consumato quotidianamente alla luce del giorno. Insomma, una cronaca di una tragedia già annunciata, di degrado della dignità umana che è unicamente funzionale a soddisfare le aspettative dei consumatori e non certo il rispetto dei diritti umani.
La stessa drammatica storia si è ripetuta qualche giorno fa anche per Satnam Singh, il bracciante indiano giunto in Italia tre anni fa e che a Borgo Santa Maria, in provincia di Latina, ha dapprima perso la dignità di lavoratore (lavorando fino a 12 ore al giorno senza contratto e per una paga di meno di 200 euro al mese), poi un braccio, incastrato in un macchinario, poi la dignità come essere umano per essere stato scaricato e abbandonato agonizzante di fronte a casa da un datore di lavoro aguzzino, e infine la stessa vita, persa come una bestia dissanguata al macello, dopo poco più di un giorno.
A ben considerare, la morte di Satnam Singh, come quella di Jerry Masslo, non può essere derubricata a incidente sul lavoro ma è dovuta a un sistema criminale che sfrutta gli immigrati irregolari, i quali, proprio perché sprovvisti del permesso di soggiorno, sono facilmente ricattabili dai caporali di turno e dalle logiche predatorie di un sistema economico di tipo schiavistico. Ecco, perché, ora suona come tardivo e ipocrita il riconoscimento del permesso di soggiorno alla vedova di Satnam Singh, Soni, “per motivi di protezione speciale”. E anche la generosa offerta di pagare il costo del funerale, da parte della Regione Lazio, non potrà certo restituire alla povera vedova il marito morto così assurdamente.
Per amore della giustizia e affinché tragedie come queste non abbiano a ripetersi, alcune domande sono per tutti noi obbligatorie: possibile che l’impiego massiccio di lavoratori senza contratto, per giunta stranieri senza permesso di soggiorno, alla luce del giorno, non abbia destato l’attenzione delle autorità preposte ai controlli? Dove sono le organizzazioni di tutela dei lavoratori agricoli e che conoscenza effettiva hanno i sindacati delle condizioni di tanti lavoratori stranieri impiegati come braccianti? La morte di Satnam Singh si sarebbe potuta evitare, considerato che il padre del suo datore di lavoro era già indagato da 5 anni per reati di caporalato in un altro procedimento?
Alla vicenda della morte di Satnam Singh ha fatto cenno anche il presidente delle Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione della cerimonia del 160° anniversario della Croce Rossa Italiana. Parlando del volontariato, il capo dello Stato ha ricordato come esso esprima valori che «sono parte della cultura e della stessa identità del nostro popolo. Questo è il carattere dell’Italia, ampiamente diffuso nella concreta vita quotidiana, ed è quel che la rende, in conformità alla sua storia, un Paese di grande civiltà. Contro questa grande civiltà stridono [ha precisato Mattarella] episodi e comportamenti come quello avvenuto tre giorni fa, quando il giovane Satnam Singh, lavoratore immigrato, è morto vedendosi rifiutati soccorso e assistenza dopo l’ennesimo incidente sul lavoro. Una forma di lavoro che si manifesta con caratteri disumani e che rientra in un fenomeno – che affiora non di rado – di sfruttamento del lavoro dei più deboli e indifesi, con modalità e condizioni illegali e crudeli».
In queste stesse ore lascia sdegnati un’altra notizia, proveniente da un altro Paese, che riguarda lo sfruttamento di lavoratori nel settore domestico. Alcuni membri della famiglia Hinduja, anch’essa di origine indiana, come il povero Satnam Singh, ma in condizioni economiche ben diverse da quest’ultimo, essendo tra le più ricche del Regno Unito, sono accusati da un Tribunale svizzero di sfruttamento dei propri domestici in servizio presso la villa di Ginevra, in quanto venivano pagati a otto euro al giorno per 18 ore di attività e con i passaporti confiscati dai datori di lavoro. Altre vicende di ordinaria schiavitù, dunque.
Una volta, in un’intervista, il povero Jerry Masslo affermò che pensava di trovare in Italia uno spazio di vita e una ventata di civiltà, un’accoglienza che gli permettesse di vivere in pace e di coltivare il sogno di un domani senza barriere né pregiudizi. Invece, affermò, «sono deluso […]. Noi del terzo mondo stiamo contribuendo allo sviluppo del vostro Paese, ma sembra che ciò non abbia alcun peso. Prima o poi qualcuno di noi verrà ammazzato ed allora ci si accorgerà che esistiamo».
Dal Rapporto in questione emerge come in quattro anni e mezzo, da aprile 2019 a dicembre 2023, a ricevere il Reddito di cittadinanza o la Pensione di cittadinanza siano stati in tutto oltre 5.000.000 di beneficiari. Di questi, meno di un terzo (pari a oltre 1 milione e mezzo di persone) ha ricevuto tale beneficio senza soluzione di continuità. Per tutto il periodo considerato, la misura è costata allo Stato circa 34 miliardi di euro. Oltre al costo dell’operazione nel suo complesso, ciò che deve interessare la collettività è sapere se la misura ha avuto un impatto importante nel contrastare la povertà, in particolare quella assoluta, tenuto conto dell’obiettivo ambizioso che si era posto il legislatore con tale dispositivo: attivare una misura di contrasto alla povertà, alla disuguaglianza e all’esclusione sociale, di pari passo (aspetto che è rimasto sostanzialmente sullo sfondo) con l’implementazione di politiche attive del lavoro.
A fornirci una risposta in tal senso è l’Istituto nazionale di statistica. Considerando i dati sulle famiglie in povertà tra il 2020 e il 2022, l’Istat ha calcolato che poco più del 30,0% di esse è stata in grado di ricevere il Reddito di cittadinanza. Ciò significa che ben oltre i due terzi della platea delle famiglie che vivevano in condizioni di povertà assoluta, in quegli anni particolarmente difficili a causa delle conseguenze socio-economiche della pandemia, non hanno potuto usufruire del provvedimento in questione. Si tratta di una realtà che era stata già fotografata a suo tempo dalla Caritas Italiana, attraverso un monitoraggio sul Reddito di cittadinanza, poi confluito in una pubblicazione dal titolo “Lotta alla povertà: imparare dall’esperienza, migliorare le risposte”.
Oltre all’esclusione di una parte consistente della platea dei potenziali beneficiari, l’applicazione della misura ha fatto registrare alcune disparità di trattamento legate al contesto territoriale. Le famiglie povere residenti nel Nord Italia, infatti, sono state sostanzialmente penalizzate rispetto a quelle del Sud, a causa dell’applicazione di una soglia unica nazionale che non ha tenuto conto del differente costo della vita (più elevato al Settentrione rispetto al Meridione d’Italia). Non solo, l’utilizzo di una scala di equivalenza “piatta”, non in grado di modulare adeguatamente l’entità del contributo sulla base della numerosità dei componenti dei nuclei familiari, ha di fatto penalizzato le famiglie più numerose.
Un ultimo aspetto di criticità, non meno importante, riguarda il tema della presa in carico dei beneficiari e il ruolo dei Servizi sociali territoriali. Riguardo a questo aspetto, il Rapporto pubblicato il 13 giugno pone in evidenza come solo la metà dei nuclei beneficiari del Reddito di cittadinanza sia stato indirizzato ai Servizi sociali e, tra di essi, solo il 23,0% ha firmato il cosiddetto “Patto d’Inclusione” all’inizio del 2023. In molti, tra studiosi ed operatori del settore, ritengono che questi risultati siano la conseguenza da un lato di un enorme ritardo nei percorsi di accompagnamento in favore dei beneficiari e dall’altro di un mancato rafforzamento amministrativo a livello locale, assolutamente necessario a garantire una misura organizzativamente così complessa.
D’altra parte va considerato, ancora una volta dati alla mano, come grazie a tale misura l’incidenza della povertà familiare nel 2020 sia effettivamente scesa di 1,6 punti percentuali. Come dire che se non vi fosse stato il Reddito di cittadinanza, in un momento di forte crisi socio-economica dovuta alla pandemia, la situazione sarebbe stata ben peggiore.
Oggi le politiche sociali si trovano di fronte a uno scenario non meno complesso, con una povertà assoluta che non accenna a diminuire e con una fragilità che intacca sempre più le fasce più deboli della popolazione, come i bambini. L’ultimo rapporto pubblicato da Save the Children Italia, dal titolo “Domani (Im)Possibili”, che contiene anche un’indagine condotta da Caritas Italiana, ci ricorda come l’incidenza più alta della povertà assoluta si stia registrando tra i minori di 18 anni: il 14,0% dei minorenni si trova in condizioni di povertà, il che significa che ben 1,3 milioni di minori in Italia è povero.
L’esperienza insegna come sia necessario sempre partire dai poveri per formulare delle proposte che siano in grado di rispondere ai loro bisogni ma anche alle loro aspirazioni. Nel fare ciò bisogna evitare di lasciare fuori qualcuno: che sia straniero o italiano, che viva in una regione del Nord o in una del Mezzogiorno, che viva in una famiglia numerosa o che sia solo. Non solo, bisogna assicurarsi che gli attori sociali, a cominciare da chi opera nei Servizi pubblici, sia adeguatamente sostenuto e formato per reggere il peso organizzativo di una misura che non può solo essere pensata dal centro, senza considerare la realtà dei territori, le loro diversità e peculiarità.
Nell’ambito del progetto scolastico “Io voglio esserci”, promosso dalle classi 1ª A, 3ª A e 3ª B della Scuola primaria di Iglesias “P. Allori”, la maestra Enrica Ena ha voluto coinvolgere la Caritas diocesana di Iglesias affinché i piccoli inizino ad avvicinarsi al mondo del volontariato e a tutto ciò che questo organismo pastorale della Chiesa cattolica sostiene quotidianamente sul territorio, attraverso le sue opere, i suoi progetti e l’impegno di tanti volontari.
A gennaio scorso una piccola delegazione della Caritas, composta da Emanuela e Valentina, ha dialogato con i bimbi descrivendo nel dettaglio i luoghi dell’ascolto e dell’accoglienza, grazie ai quali gli operatori riescono a dare concrete risposte a chi si rivolge per ricevere una mano d’aiuto. Attraverso la proiezione del video “È molto di più”, realizzato dalla Caritas diocesana, ai bambini è stata offerta una panoramica di alcuni servizi presenti nel territorio diocesano: i 6 Centri di ascolto, la Casa di accoglienza e il Dormitorio “Santo Stefano”, l’Emporio della Solidarietà e gli Orti Solidali di Comunità.
La genuina curiosità dei piccoli dagli 8 e10 anni è stata spiazzante; hanno infatti posto tante domande, alcune delle quali davvero inaspettate: “che cosa possiamo fare noi bambini per la Caritas?”, “chi l’ha creata?”, “da dove arrivano gli aiuti che date alle persone?”, “come vi siete sentite quando avete iniziato il vostro servizio alla Caritas?”. Anche le maestre hanno rivolto dei quesiti alle due operatrici, in modo che descrivessero sé stesse e la motivazione che le ha spinte ad impegnarsi in Caritas. Di certo, sono rimaste favorevolmente stupite dal livello di attenzione dei
bambini che per circa un’ora sono rimasti seduti ad ascoltare e a porre domande su una realtà di cui sentivano parlare per la prima volta.
Il progetto che vede coinvolta anche la Caritas di Iglesias proseguirà grazie all’impegno della maestra Ena e delle sue colleghe; Si è lavorato ancora tanto con i piccoli che, nei mesi seguenti, hanno avuto modo di poter visitare alcuni servizi della Caritas; per conoscere dal vivo dove e come i volontari della Caritas di Iglesias si rendono disponibili ad accogliere e ascoltare i poveri.
A conclusione del percorso progettuale, martedì 4 giugno, dalle 9.00 alle 13.00, presso l’Istituto Tecnico Minerario di Iglesias (in via Roma 45), si terrà l’evento Service-Learning. Dalla formazione alla ricerca-azione, durante il quale saranno presenti i bambini coinvolti nel progetto, insieme ai loro insegnanti; alcune autorità scolastiche e istituzionali; il prof. Italo Fiorin, presidente della Scuola di alta formazione EIS dell’Università LUMSA di Roma, e i vari partner, fra cui la Caritas diocesana di Iglesias.
Quest’esperienza ha fatto comprendere come sia molto importante iniziare a seminare fin dalla più tenera età, affinché l’attenzione al prossimo diventi un atteggiamento consueto e doveroso; una semina che può contribuire a far sentire tutte le persone corresponsabili nella realizzazione di una società più giusta e solidale.
Emanuela Frau e Valentina Diana Caritas diocesana di Iglesias
Copyright 2021, Diocesi di Iglesias - Caritas diocesana
Questo sito usa i cookie ed è conforme alla GDPR in materia di privacy.
Functional
Sempre attivo
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono strettamente necessari al fine legittimo di consentire l'uso di un servizio specifico esplicitamente richiesto dall'abbonato o dall'utente, o al solo scopo di effettuare la trasmissione di una comunicazione su una rete di comunicazione elettronica.
Preferenze
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono necessari per lo scopo legittimo di memorizzare le preferenze che non sono richieste dall'abbonato o dall'utente.
Statistiche
L'archiviazione tecnica o l'accesso che viene utilizzato esclusivamente per scopi statistici.L'archiviazione tecnica o l'accesso che viene utilizzato esclusivamente per scopi statistici anonimi. Senza un mandato di comparizione, una conformità volontaria da parte del vostro Fornitore di Servizi Internet, o ulteriori registrazioni da parte di terzi, le informazioni memorizzate o recuperate per questo scopo da sole non possono di solito essere utilizzate per l'identificazione.
Marketing
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono necessari per creare profili di utenti per inviare pubblicità, o per tracciare l'utente su un sito web o su diversi siti web per scopi di marketing simili.