Giovedì 19 ottobre, ore 17.00. Presentazione del libro “La nostra marcia (19 ottobre-15 dicembre 1992)”

Il 19 ottobre 2023, alle ore 17.00, presso il Centro culturale di Iglesias (via Roberto Cattaneo 82), sarà presentato il libro dal titolo La nostra marcia (19 ottobre-15 dicembre 1992), a cura di Antonangelo Casula, Tore Cherchi, Peppino La Rosa, Sandro Mantega (Giampaolo Cirronis Editore, 2023).

Il volume ricostruisce le iniziative di sensibilizzazione popolare volte a richiamare l’attenzione delle istituzioni e dell’opinione pubblica sulla crisi del Sulcis-Iglesiente e sulla necessità di un nuovo sviluppo socio-economico, in un momento di particolare difficoltà – con la chiusura delle miniere – per l’intero territorio. Raccogliendo testimonianze dirette dei protagonisti di quella vicenda, il libro «descrive il contesto, racconta e documenta la Marcia per lo Sviluppo del Sulcis Iglesiente, partita il 19 ottobre 1992 da Teulada e giunta a Roma l’8 dicembre».

Il ricavato delle vendite del libro verrà devoluto interamente alla Caritas diocesana di Iglesias, per potenziare le iniziative della Diocesi di contrasto alla povertà educativa.

Per scaricare il programma dell’evento clicca qui.

 

“Non distogliere lo sguardo dal povero”. Sabato 28 ottobre il XIII Convegno regionale Caritas a Oristano

Sabato 28 ottobre 2023 dalle ore 9.00 alle 17 nella cattedrale di Santa Maria Assunta di Oristano (Piazza duomo) si svolgerà il XIII Convegno regionale delle Caritas parrocchiali e del volontariato ecclesiale di promozione della carità “Non distogliere lo sguardo dal povero” organizzato dalla Delegazione regionale Caritas della Sardegna.

Iscrizioni per il Convegno

Per quanto riguarda la diocesi di Iglesias si precisa che tutte le richieste di iscrizione da parte delle Parrocchie vanno segnalate alla Caritas diocesana entro e non oltre domenica 15 ottobre, chiamando allo 0781.33999 o scrivendo a segreteria@caritasiglesias.it.

I posti a disposizione sono al massimo 40 e l’elenco dei partecipanti verrà stilato seguendo l’ordine di prenotazione.

I costi del viaggio (organizzato con un pullman che partirà da Iglesias) e di iscrizione sono coperti dalla Caritas diocesana.

Alcuni giovani del progetto “FiDiamoci” in visita alla Caritas diocesana di Iglesias

Michela, Martino e Michela. Sono questi i nomi dei tre giovani, accompagnati dalla referente regionale del Servizio Civile Antonella Fulghesu, che mercoledì 13 settembre hanno visitato alcune opere segno della Caritas diocesana di Iglesias, nell’ambito del progetto regionale di volontariato giovanile “FiDiamoci”, promosso dalla Delegazione regionale Caritas della Sardegna.

Con il progetto “FiDiamoci”, promosso dal Nucleo Regionale Servizio Civile – Area Giovani di Caritas Sardegna, si è inteso offrire a ragazze e ragazzi un’esperienza di crescita personale, da giugno a novembre 2023, ricca di momenti di formazione, servizio e testimonianza al fine di sensibilizzarli verso il tema della gratuità e del volontariato conoscendo direttamente le Caritas diocesane sarde e non solo. La proposta è rivolta a giovani dai 19 ai 25 anni.

Un piccolo resoconto della visita è stato realizzato dagli stessi giovani.

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Marocco e Libia devastati da terremoti e tempeste

Foto Caritas Italiana

Nel giro di pochi giorni due Stati nordafricani sono stati colpiti da due distinte catastrofi naturali. Nella notte di venerdì 8 settembre, in Marocco, una forte scossa di terremoto di magnitudo 6.8 della scala Richter ha colpito la regione di Marrakech, provocando oltre 2.000 morti e migliaia di feriti. Altrettanti morti sono stati provocati dal ciclone Daniel, nel Nord-Est della Libia, il quale – a causa delle violente piogge torrenziali – ha spazzato via intere aree residenziali.

A ricordare nella preghiera il disastro provocato dal terremoto in Marocco è stato lo stesso Papa Francesco a conclusione dell’Angelus di domenica 10 settembre: «desidero esprimere la mia vicinanza al caro popolo del Marocco, colpito da un devastante terremoto. Prego per i feriti, per coloro che hanno perso la vita – tanti! – e per i loro familiari. Ringrazio i soccorritori e quanti si stanno adoperando per alleviare le sofferenze della gente; il concreto aiuto di tutti possa sostenere la popolazione in questo tragico momento: siamo vicini al popolo del Marocco!».

Parole di vicinanza sono state espresse anche dalla Conferenza episcopale italiana attraverso il suo presidente, il cardinale Matteo Zuppi: «Alle sorelle e ai fratelli del Marocco giunga il nostro profondo cordoglio e la nostra vicinanza. Facendoci prossimi alla popolazione provata da questo tragico evento, preghiamo per le vittime e i loro familiari. Assicuriamo inoltre il sostegno delle nostre Chiese, stringendoci a tutti coloro che sono stati colpiti da questa calamità e alla comunità marocchina in Italia ferita negli affetti». I sentimenti di vicinanza sono stati accompagnati da subito da un’attenzione concreta da parte dei vescovi italiani: come forma di aiuto immediata la CEI ha infatti predisposto lo stanziamento di 300.000,00 euro dai fondi dell’8xmille attraverso l’intervento di Caritas Italiana, la quale è in contatto diretto con Caritas Rabat.

Peraltro, in queste ore Caritas Italiana – unitamente alla Croce Rossa Italiana e alla sezione italiana dell’Unicef –  ha lanciato l’iniziativa del “numero solidale” 45525: una campagna di raccolta fondi straordinaria con numero solidale con il supporto della RAI. Le tre organizzazioni, come si legge sul sito di Caritas Italiana, «hanno deciso di unire gli sforzi per raccogliere fondi necessari per garantire agli uffici sul campo di portare avanti e rafforzare gli aiuti alla popolazione, in particolare alle famiglie e ai bambini, e sostenere il recupero nel medio-lungo periodo. Per aiutare migliaia di persone vulnerabili colpite dal terremoto è possibile donare tramite il numero solidale 45525 con un semplice SMS dal proprio telefono cellulare o con una chiamata da rete fissa».

Una situazione altrettanto critica si registra nella parte Nord orientale della Libia, colpita duramente da un ciclone e da violente piogge torrenziali. Il vice primo ministro del governo parallelo dell’Est libico, Ali al-Gatrani, ha fatto appello alla comunità internazionale affinché intervenga con urgenza nella città di Derna, il cui territorio è stato attraversato violentemente da acqua e fango a seguito del crollo di due dighe.

Raffaele Callia

Terremoto in Marocco: la risposta della CEI e della Caritas Italiana

Foto tratta dal sito di Caritas Italiana

Il Marocco è stato devastato nella notte di venerdì  8 settembre scorso da una forte scossa di terremoto (magnitudo 6.8 della scala Richter). Colpita in particolare la regione di Marrakech. Le vittime superano il numero di 2mila. Migliaia i feriti e le persone senza alloggio e ingenti i danni materiali. Caritas Rabat si è attivata con la sua Equipe, sta contattando le parrocchie colpite e si sta organizzando per l’assistenza alle persone sfollate.

«Desidero esprimere la mia vicinanza al caro popolo del Marocco, colpito da un devastante terremoto – ha detto papa Francesco all’Angelus di domenica 10 settembre -. Prego per i feriti, per coloro che hanno perso la vita – tanti! – e per i loro familiari. Ringrazio i soccorritori e quanti si stanno adoperando per alleviare le sofferenze della gente; il concreto aiuto di tutti possa sostenere la popolazione in questo tragico momento: siamo vicini al popolo del Marocco!»

La Conferenza Episcopale Italiana ha espresso solidarietà alla popolazione del Marocco.  Come forma di aiuto immediata, ha deciso lo stanziamento di 300mila euro dai fondi 8xmille che i cittadini destinano alla Chiesa cattolica. Lo stanziamento della CEI aiuterà, attraverso Caritas Italiana, a far fronte alle prime necessità.

“Alle sorelle e ai fratelli del Marocco giunga il nostro profondo cordoglio e la nostra vicinanza. Facendoci prossimi alla popolazione provata da questo tragico evento, preghiamo per le vittime e i loro familiari. Assicuriamo inoltre il sostegno delle nostre Chiese, stringendoci a tutti coloro che sono stati colpiti da questa calamità e alla comunità marocchina in Italia ferita negli affetti”, ha affermato il card. Matteo Zuppi, Arcivescovo di Bologna e Presidente della CEI.

Lanciato il numero solidale 45525 da Caritas, Croce Rossa e Unicef

Croce Rossa Italiana, Caritas Italiana e UNICEF, per rispondere al terribile terremoto che ha colpito il Marocco, hanno lanciato una campagna di raccolta fondi straordinaria con numero solidale con il supporto della RAI attraverso RAI per la Sostenibilità – ESG. Le tre organizzazioni umanitarie, da tempo operative nel paese, hanno deciso di unire gli sforzi per raccogliere fondi necessari per garantire agli uffici sul campo di portare avanti e rafforzare gli aiuti alla popolazione, ed in particolare alle famiglie e ai bambini, e sostenere il recupero nel medio-lungo periodo. Per aiutare migliaia di persone vulnerabili colpite dal terremoto è possibile donare tramite il numero solidale 45525 con un semplice SMS dal proprio telefono cellulare o con una chiamata da rete fissa:
• 2 euro al 45525 con SMS inviato da cellulare WINDTRE, TIM, Vodafone, Iliad, PosteMobile, Coop Voce, Tiscali;
• 5 e 10 euro al 45525 con chiamata da rete fissa TIM, Vodafone, WINDTRE, Fastweb e Tiscali;
• 5 euro al 45525 con chiamata da rete fissa TWT, Convergenze, PosteMobile.

Caritas Italiana in contatto con l’Equipe della Caritas locale

Caritas Italiana, che collabora da molti anni con le Caritas in Marocco in vari progetti a favore di persone particolarmente vulnerabili, come i migranti e minori non accompagnati,  è in contatto con l’Equipe Caritas locale e segue con attenzione le notizie che giungono dal Paese nordafricano per monitorare la situazione e valutare gli interventi più urgenti.

“In questo momento – dice il direttore don Marco Pagniello – possiamo solo esprimere a parole tutta la nostra solidarietà, assicurando il sostegno delle nostre comunità che sapranno dare, nei prossimi giorni, segni concreti di vicinanza e condivisione”.

Notizia tratta da www.caritasitaliana.it

“Prevenzione è vita”: 81 esami diagnostici eseguiti il 5 settembre a Iglesias

Il direttore della Caritas diocesana, Raffaele Callia, e l’assessore alle politiche sociali del Comune di Iglesias, Angela Scarpa, ricevono un attestato di ringraziamento da WelfareCare

Martedì 5 settembre 2023, presso piazza Sella a Iglesias, si è concluso l’evento che, grazie al sostegno dei partner (fra cui la Caritas diocesana di Iglesias), ha portato in piazza diverse decine di donne con lo scopo di prevenire l’insorgenza del tumore al seno, attraverso gli esami diagnostici gratuiti.

L’iniziativa è cominciata attorno alle 9.00 del mattino. Ad attendere le donne prenotate per le visite un’équipe composta da personale medico e sanitario, con una clinica mobile in rosa, attrezzata con la strumentazione tecnica necessaria. Alla fine sono stati 81 gli esami senologici effettuati in totale, nello specifico: 31 mammografie e 50 ecografie erogate gratuitamente.
Un modo nuovo di effettuare una visita medica che unisce alla professionalità di un team specializzato anche una location itinerante in grado di offrire un servizio di prevenzione in ogni dove e, per quel che riguarda il periodo attuale di emergenza sanitaria, di poterle attuare nel pieno rispetto delle normative anti Covid.
Per aderire all’iniziativa è stato sufficiente prenotarsi nel sito welfarecare.org nella sezione prenota e presentarsi per l’accettazione con la documentazione stampata e già compilata. Le prestazioni gratuite disponibili e la copertura del servizio durante gli eventi sono correlati alle risorse derivanti dal sostegno dei partner (fra cui la Caritas diocesana di Iglesias) e dai piani di marketing di WelfareCare.

La Caritas diocesana partner dell’iniziativa di WelfareCare: “Mammografia ed ecografia gratuita” (Iglesias 5 settembre 2023)

La Caritas diocesana di Iglesias aderisce alla iniziativa di WelfareCare, la quale mira a rendere accessibili mammografie ed ecografie alle donne nella fascia d’età dai 35 ai 49 anni.

Il giorno 5 settembre 2023, dalle ore 9.00 alle ore 18.00, con una pausa dalle 13.00 alle 14.00, si terrà l’evento “Mammografia ed Ecografia Gratuita” a Iglesias (CI), in piazza Quintino Sella.

Le prenotazioni saranno attive dal 29 agosto al seguente link www.welfarecare.org/prenota

I posti solitamente vengono esauriti in poche ore.

 

 

 

Requisiti per prenotare una visita:
– avere un’età compresa tra i 35 ed i 49 anni, al momento della prenotazione e della visita;
– non aver effettuato mammografie negli ultimi 12 mesi;
– non essere già inserita nei protocolli di screening del SSN (anche per familiarità) o presso altre strutture di prevenzione;
– abitare nel comune in cui si terrà l’evento.

“Tutti i giovani dovrebbero fare un’esperienza come questa”. Il racconto di un giovane volontario impegnato nel progetto “Vieni e vedi”

La mia esperienza di volontariato, svoltasi nei primi giorni di agosto, si è divisa in quattro giornate: nella prima giornata ho fatto un colloquio preliminare con il direttore e con la segretaria della Caritas diocesana. Durante questo primo momento conoscitivo mi è stato chiesto il perché della mia scelta nel voler prender parte al progetto “Vieni e vedi” e quale opzione, fra quelle proposte, avessi scelto.

Nella seconda giornata, dalla mattina presto, ho avuto modo di visitare ciascuna delle sedi di servizio proposte nel progetto, a cominciare dagli “Orti solidali di comunità”, dove ho conosciuto il tutor che mi ha spiegato quali fossero le mansioni svolte dalle persone impegnate nel terreno. Mi sono trattenuto fino a metà mattina, ascoltando tutte le spiegazioni e parlando con i beneficiari del progetto. Successivamente sono stato accompagnato all’Emporio della solidarietà, che si trova nella sede dell’ex mattatoio cittadino. Anche in quella sede i volontari e i referenti del progetto mi hanno spiegato tutte le procedure di accoglienza delle persone e di distribuzione dei generi di prima necessità. Mi hanno mostrato il locale e come vengono organizzate le provviste di cibo, anche quelle provenienti dall’Unione Europea. Verso mezzogiorno mi hanno accompagnato alla Casa di prima accoglienza “Santo Stefano”, dove ho conosciuto gli ospiti e i volontari che svolgono il loro servizio.  Con tutti loro ho condiviso un pranzo delizioso, realizzato con le verdure provenienti dall’orto. Alla fine della giornata, dopo aver conosciuto tutte le attività che la Caritas mi aveva proposto, mi hanno chiesto di scegliere dove preferissi sperimentarmi nelle successive due giornate.

Ho scelto l’Emporio della solidarietà perché mi ha colpito il fatto che in quel luogo si rivolgessero delle persone bisognose di ricevere la spesa. Potevo così parlare con loro e conoscere quella realtà che mi era inizialmente sconosciuta.

Dal giorno successivo – e per due giorni consecutivi – ho dunque preso servizio dalle 9.00 alle 12.00.  Ho distribuito personalmente e aiutato a fare la spesa le diverse persone bisognose che si sono rivolte a questo servizio, dialogando con loro e prendendo consapevolezza di una realtà per me del tutto sconosciuta.

In questa breve ma intensa esperienza ho avuto l’occasione di vedere più da vicino diverse persone bisognose che non hanno tutte le possibilità economiche e sociali necessarie e che vivono in povertà. Mi sono reso conto di quanto siano numerose le persone che hanno bisogno di aiuto.

Questa esperienza mi ha sensibilizzato rispetto alla conoscenza di questi servizi presenti nella mia città che non conoscevo, se non attraverso racconti di altri. Ho apprezzato il servizio svolto dai volontari, che con molta dedizione si occupano della Casa, dell’Orto e dell’Emporio. Ho conosciuto gli ospiti della casa di accoglienza e mi sono interessato alle loro storie personali. Ho parlato con diverse persone ed ascoltato quanti si sono rivolti all’Emporio condividendo le proprie necessità.

Riflettendo su queste giornate penso che tutti i giovani dovrebbero fare un’esperienza come questa perché aiuta a toccare con mano le necessità delle persone bisognose e conoscere il mondo del volontariato e del servizio al prossimo.

Ho chiesto al direttore di tenermi presente per eventuali iniziative perché mi piacerebbe mettere a disposizione il mio tempo in momenti di volontariato e servizio al prossimo.

Ringrazio tutti per l’esperienza che mi è stata data da vivere e condividere con la Caritas.

Rytis Luca Murru

Abbandonata a sé stessa, Haiti è sempre più allo sbando

Foto ANSA

L’ultimo drammatico episodio risale a qualche giorno fa quando due cittadini statunitensi, un’infermiera e suo figlio, sono stati rapiti da una delle tante bande criminali che imperversano nella capitale Port-au-Prince. La signora rapita, Aliz Dorsainvil è un’operatrice umanitaria di un’organizzazione cristiana, “El Roi Haiti”, che lavora vicino alla capitale haitiana con l’obiettivo di «formare leader haitiani che rafforzino le famiglie, ripristinino le relazioni e costruiscano comunità sane», come si legge nel sito dell’organizzazione.

Dal giorno dell’omicidio del presidente Jovenel Moïse, avvenuto il 7 luglio 2021 ad opera di un commando composto da sicari colombiani e haitiano-statunitensi, il Paese è formalmente di fronte a un vuoto di potere (il reggente è il primo ministro Ariel Henry) che lascia ampio spazio all’anarchia e al bellum omnium contra omnes delle diverse bande criminali presenti da lungo tempo. In questi ultimi anni a diventare merce di scambio in cambio di un riscatto non sono solo gli stranieri (fra cui diversi professionisti e operatori umanitari) ma la stessa popolazione civile haitiana, in una situazione in cui le autorità armate legittime sono quasi del tutto scomparse. Molte famiglie haitiane non mandano più i figli a scuola per paura che siano sequestrati; e non andando a scuola non solo si privano quei ragazzi dell’istruzione (la leva più importante per il riscatto civile e sociale di quella popolazione) ma si impedisce loro di ricevere anche un’adeguata sicurezza alimentare, visto che i pasti forniti dalle scuole danno un contributo importante ai bilanci familiari.

Dopo un doloroso passato coloniale non del tutto cessato, Haiti sembrerebbe condannata a una sorta di dannazione senza soluzione di continuità, tra eventi naturali catastrofici (in particolare uragani e terremoti, il più terribile dei quali – nel 2010 – ha causato circa 230.000 morti), numerosi colpi di Stato e regimi dittatoriali, instabilità politica e corruzione, povertà estrema, fame e continue violenze. Chi ha viaggiato ad Haiti – non da turista – sa bene che in quella porzione di paradiso caraibico si cela un inferno dove la vita umana non vale nulla e dove si uccide senza alcuna remora chiunque possa costituire una qualche fonte di guadagno. In questo scenario, come ha dichiarato Cindy McCain, la direttrice esecutiva del Programma alimentare mondiale (Pam), la crisi alimentare ad Haiti anche a causa delle bande armate «è invisibile, inascoltata e non affrontata», con 4,9 milioni di haitiani che lottano ogni giorno per mangiare.

D’altra parte, ad Haiti le bande armate non sono un fenomeno recente. La nascita delle gang criminali e dei gruppi paramilitari ha origini lontane, a cominciare dal periodo immediatamente successivo all’agognata indipendenza dalla Francia, avvenuta nel 1804. Un’indipendenza pagata a caro prezzo non solo in termini di vite umane ma anche economici, giacché la Francia pretese un oneroso “risarcimento” che di fatto condizionò la storia dello sviluppo economico e sociale del Paese. Il paradosso, infatti, fu che per poter pagare quel “risarcimento” Haiti fu costretta a chiedere un prestito alle banche francesi, dando vita a un fenomeno storicamente ricordato come “doppio debito”. È stato calcolato che fino al 1911, per ogni tre dollari incassati dalle tasse sul caffè, 2,53 dollari furono usati per ripagare il debito controllato dagli investitori francesi. Nei primi lustri del Novecento, alla povertà indotta dal paradosso del “doppio debito” si sommò la perenne instabilità politica. Nell’arco di soli 4 anni, infatti, furono uccisi sette presidenti. Un caos ingovernabile dalle forze politiche del Paese che indusse gli Stati Uniti ad intervenire militarmente nel 1915 (e fino al 1934), con l’obiettivo di stabilizzare il Paese.

In realtà, l’occupazione statunitense (contrassegnata da esecuzioni sommarie e episodi di razzismo) servì a controllare molte istituzioni locali, compreso le banche e la tesoreria nazionale. Peraltro, durante tale periodo il 40% del reddito nazionale haitiano venne utilizzato per pagare i debiti alle banche francesi e statunitensi. Alcuni studiosi ritengono che se Haiti non avesse dovuto pagare i “risarcimenti” in questione la sua economia conterebbe oggi circa 21 miliardi di dollari in più: un dato che avrebbe garantito un futuro ben diverso a quel Paese.

Le cose non cambiarono neppure dopo il secondo conflitto mondiale. È in questo clima invivibile dal punto di vista sociale e politico che nacquero le prime forze paramilitari, a cominciare da quella creata dal presidente-dittatore François Duvalier, denominata Tonton Macoute: una sorta di polizia segreta e guardia personale fuori dalla legalità, utilizzata dal presidente per sopprimere ogni opposizione. I macoutes continuarono a imperversare anche negli anni in cui al potere fu il figlio di François Duvalier, Jean Claude (sino al 1986), e in quelli seguenti, fino a giungere agli anni Novanta e oltre.

Le bande armate hanno continuato ad operare a sostegno di diversi partiti politici e, in diversi casi, sono diventate la base delle attuali gang (circa 200) che imperversano oggi ad Haiti, per lo più concentrate nella capitale. Non ci sarà da rimanere sorpresi, pertanto, se nelle circostanze attuali – come ha dichiarato il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres – si manifesterà il «bisogno di un’azione armata per consentire la creazione di corridoi umanitari». Un’azione che – si spera – non porti con sé anche gli ignobili episodi di abusi sessuali perpetrati dal contingente dell’ONU a danno di giovani haitiane, come avvenne all’indomani della missione “Minustah” conclusasi nel 2017.

Raffaele Callia

Immigrazione e proteste in Francia: le radici di un fenomeno complesso

Foto di Metin Ozer

In un’intervista realizzata per “Le Monde” da Anne Chemin, a settembre dello scorso anno, lo storico francese Emmanuel Blanchard, professore a Sciences Po Saint-Germain-en-Laye e autore del volume Histoire de l’immigration algérienne en France (La Découverte, 2018), ha ricordato come «dagli anni Trenta in poi, e soprattutto dopo il 1945, questa violenza della polizia si è manifestata ogni volta che i “colonizzati” manifestavano a Parigi o nelle province. La polizia non li trattava come cittadini, ma come “nativi”. Il 28 maggio 1952, l’unico morto della mobilitazione contro il generale Ridgway è stato un algerino, colpito da un proiettile; nel 1953 la polizia ha aperto il fuoco sulla marcia non violenta del movimento di Messali Hadj, uccidendo 7 manifestanti, senza dimenticare, naturalmente, il massacro del 17 ottobre 1961. Nel Dopoguerra, la polizia ha trattato i “musulmani francesi” d’Algeria in modo ancora più duro di come l’esercito, nel 1891, ha brutalizzato gli operai di Fourmies o altrove».

La reazione violenta messa in atto in questi giorni da migliaia di persone riversatesi in diverse città francesi, in seguito all’uccisione di Nahel Merzouk, un diciasettenne ucciso a Nanterre (nella banlieue Nord-Ovest di Parigi) da un agente di polizia durante un controllo stradale, ha posto nuovamente sotto i riflettori il tema dell’integrazione incompleta nelle periferie francesi e della repressione sistematica da parte delle forze dell’ordine, in un crescendo di prese di posizione da parte di certi gruppi politici che non fanno altro che rafforzare l’esclusione di alcune categorie marginalizzate sulle quali pesano difficoltà sociali ed economiche, oltre che la discriminazione culturale.

Gli scontri di questi giorni insegnano questo: ci si occupa di un fenomeno – anche e soprattutto dal punto di vista mediatico – soltanto quando questo è divenuto un problema, possibilmente un’emergenza di vaste proporzioni, con tutto il corollario di violenze e situazioni drammatiche. Tuttavia, si tratta di un approccio alle questioni che impedisce di vedere laddove bisognerebbe guardare attentamente, ovverosia alle radici profonde di questo malessere.

Come non ricordare quanto avvenne nella notte tra il 27 e il 28 ottobre 2005, quando nella periferia di Clichy-du-Bois due minorenni, ritenendo di essere inseguiti dalle forze dell’ordine a seguito di un intervento di alcuni poliziotti, si rifugiarono in una centralina elettrica dove trovarono la morte. Anche in quel caso vi furono numerose protese: il disagio, il malessere che aveva covato inascoltato per così tanto tempo nelle periferie urbane si trasformò in una drammatica esplosione di violenza. L’adozione di provvedimenti tesi a ripristinare la sicurezza e l’ordine pubblico anche in quel caso non sortirono alcun effetto se non quello di acutizzare ulteriormente lo scontro tra le forze dell’ordine e i manifestanti e di propagarlo anche in altre zone della Francia. In quell’occasione il grande storico Jacques Le Goff si domandò se ci sarebbero mai state queste moderne jacqueries se la politica avesse favorito a suo tempo una programmazione in termini di inclusione sociale, di sostegno all’occupazione, di cura della vivibilità nelle periferie urbane. Certamente si sarebbe potuto stemperare il potenziale di violenza se il ministro degli Interni francese dell’epoca, divenuto poi presidente della Repubblica, il neo-gollista Nicolas Sarkozy, non avesse usato l’espressione piuttosto colorita di “feccia” da spazzare con un’idropulitrice a proposito dei manifestanti.

Oggi la storia si ripete tale e quale, ma le radici profonde di questo malessere rimangono ben piantate in un terreno tutt’altro che fertile. Un terreno nel cui sottosuolo covano ideologie pericolose alimentate dal rancore e dall’odio di cittadini che si sentono declassati, che vivono in habitat malsani e con un destino minato dalla povertà e dall’esclusione.

Raffaele Callia