L’impegno dell’Area Immigrazione per i fratelli stranieri

Il Centro d’ascolto “Il Pozzo di Giacobbe” è denominato così perché fa riferimento all’episodio in cui Gesù incontra la Samaritana. Coloro che giungevano dalla Samarìa erano considerati “stranieri”, “barbari”, “impuri” per un giudeo. Ne Vangelo si racconta che Gesù diede scandalo per il suo atteggiamento accogliente verso una persona che, secondo la mentalità del tempo, avrebbe dovuto respingere. La Caritas, e dunque la Chiesa, desidera seguire l’esempio di Gesù e intende contrastare l’atteggiamento alquanto ostile di molta parte della società del nostro tempo nei confronti dello straniero.

L’impegno della Caritas diocesana nel servizio a favore dei migranti risale a molti anni fa, quando sia con le accoglienze ordinarie alla Casa Santo Stefano sia con i percorsi di ascolto e accompagnamento dei detenuti stranieri, si cominciò ad offrire una specifica attenzione nei loro confronti. Un’esperienza assai significativa fu quella del 2011, quando si presentò l’occasione di accogliere un gruppo di 9 Somali inseriti nel Progetto ENA (Emergenza Nord Africa).  L’esperienza si rivelò positiva non solo per i migranti ma anche e soprattutto per gli operatori della Caritas, che a vario titolo s’impegnarono nel servizio, mettendo in pratica le parole del Vangelo: “Ero straniero e mi avete accolto” (Mt. 25,35). Anche grazie a quell’esperienza sono caduti molti pregiudizi e si è rafforzata la consapevolezza che siamo tutti esseri umani, a prescindere dal colore della pelle.

Dopo quella prima esperienza, proprio quando si ventilava la chiusura della Provincia di Carbonia-Iglesias e con essa del suo Centro Servizi per l’Immigrazione, la Caritas diocesana non ha voluto far mancare un servizio a favore dei migranti presenti nel territorio, istituendo, grazie a un progetto finanziato dalla Caritas Italiana (con Fondi CEI 8xmille) un primo Centro d’ascolto espressamente dedicato a loro (“Il Pozzo di Giacobbe”). Per una persona che, dopo una tragica esperienza di viaggio, arriva in un Paese straniero di cui non conosce la lingua, gli usi e i costumi, è motivo di conforto e di speranza trovare un luogo in cui esprimere i bisogni, l’ansia per le condizioni precarie, i progetti per il futuro.

L’impegno della Caritas non è, come talvolta si crede, quello di fare semplicemente la carità. Anche quello, certo, ma si tratta, soprattutto, di accogliere il migrante, accompagnarlo in un percorso di vita, fornirgli gli strumenti per raggiungere una completa autonomia. Compito non semplice, ma essenziale. L’ascolto è solo la prima fase dell’accoglienza. Una volta individuati i bisogni si devono mettere in campo le strategie adeguate per accompagnare la persona, senza però sostituirsi ad essa. Bisogna innanzitutto favorire l’apprendimento della lingua, con l’iscrizione ai corsi di l’alfabetizzazione, guidare il migrante nelle pratiche burocratiche (permesso di soggiorno, carta d’identità, tessera sanitaria, codice fiscale, ecc.) e talvolta sostenerlo nella ricerca di un alloggio. In casi di estrema necessità, la Caritas diocesana può offrire una breve ospitalità nella Casa di prima accoglienza “Santo Stefano” e un riparo notturno per i senza tetto nel Dormitorio attiguo. Queste strutture, insieme al Centro d’ascolto per stranieri e alle altre “opere-segno” presenti nella Diocesi (come, ad esempio, l’Emporio della Solidarietà), sono affidate quasi esclusivamente al servizio gratuito dei volontari che provengono dalle varie Parrocchie della Diocesi. È importante, infatti, che tutta la comunità cristiana sia parte attiva nella costruzione di un mondo migliore, divenendo accogliente e solidale nei confronti degli “ultimi”, come sempre ci ricorda Papa Francesco.

Caterina Moro